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Licenziate le 50 lavoratrici della Fashion jeans

Schermata 2016-10-04 alle 17.22.57
Schermata 2016-10-04 alle 17.22.57Cinquanta lavoratrici rimaste senza lavoro: è il triste epilogo della vicenda Fashion Jeans, azienda cavarzerana che ha ufficialmente chiuso i battenti i primi giorni di ottobre, dopo mesi di incertezza e preoccupazione. Una chiusura che non è stata dettata, come troppe volte accade, dalla crisi, no. Ma dovuta a discutibili scelte aziendali, come fanno sapere i sindacati vicini alle lavoratrici in questa battaglia, Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil: lavoro in nero, contributi non versati, aziende aperte, chiuse e riaperte con altri nomi, società che si intersecano in maniera “poco trasparente” sarebbero stati la reale causa del tracollo. I problemi in azienda sono iniziati lo scorso gennaio, a seguito di un’ispezione della Guardia di finanza da cui è emersa la presenza di 28 lavoratori in nero e 4 non in regola su un totale di 62. Da qui, l’obbligo di pagare i contributi e le tasse non versate. Ma i soldi per rimettersi in regola non ci sono dal momento che la ditta cavarzerana avanza dal maggior cliente, la Imperial di Bologna, ben 150 mila euro. Quindi, l’azienda opta per una riduzione del personale e lascia in arretrato gli stipendi dei dipendenti ancora in forza. Una situazione di precarietà che ha tenuto decine di famiglie in sospeso per mesi, tanto da farle arrivare a chiedere il licenziamento, per poter almeno godere degli ammortizzatori sociali. Licenziamento che ora purtroppo è arrivato. “È impensabile che nel nostro Paese si arrivi a sperare di essere lasciati a casa pur di avere una certezza o una speranza per potersi ricollocare - commentano amari i sindacati -. Per noi è triste sapere che 50 lavoratrici restano senza lavoro e che queste lavoratrici avanzano retribuzioni, loro diritto per il lavoro svolto”. Resta in piedi, infatti, la partita degli stipendi arretrati: “Non è accettabile che dopo aver lavorato, prodotto e aver fatto il proprio dovere, si trovino senza soldi perché restano ostaggi di meccanismi di cui loro non hanno colpa - concludono le tre sigle sindacali -. E non è ammissibile che per scelte manageriali scellerate siano sempre i lavoratori a farne pesantemente le spese”. Su questo fronte, assicurano, la partita è ancora aperta e non molleranno di un centimetro. Giorgia Gay
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