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Rilasciati i permessi di soggiorno a 13 braccianti vittime di caporalato: una nuova vita dopo il dramma

Oggi si conclude un lungo iter burocratico e legale per 13 braccianti sfruttati nelle campagne trevigiane, che, grazie alla denuncia della FLAI CGIL Veneto, ottengono il permesso di soggiorno e un’opportunità di vita migliore

Le 13 vittime del caporalato pronte per una nuova vita

Le 13 vittime del caporalato pronte per una nuova vita

Oggi è un giorno di speranza per 13 braccianti sfruttati nelle campagne del trevigiano, finalmente liberi dalle condizioni di schiavitù e vittime di un sistema di caporalato che li aveva ridotti a merce. A dare loro una nuova opportunità è stata la denuncia della FLAI CGIL Veneto, che nel luglio scorso aveva portato alla luce l'inferno vissuto dai lavoratori, descrivendo il dramma del lavoro nei campi e la vita in un casolare fatiscente a Ponte di Piave. La denuncia aveva fatto il giro dei media grazie a un video che documentava le atrocità subite dai braccianti, costretti a lavorare per 12-14 ore al giorno in condizioni disumane.

Giosuè Mattei, Segretario generale della FLAI CGIL Veneto, ha dichiarato: "Dopo una lunga fase nel limbo, 13 dei 16 lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare i propri aguzzini sono finalmente riusciti ad ottenere il permesso di soggiorno. Questo è un passo fondamentale per farli entrare nel mercato del lavoro regolare e, soprattutto, per permettere loro di uscire dalla condizione di invisibilità che li aveva confinati". Mattei ha anche sottolineato come il riconoscimento del permesso di soggiorno rappresenti il risultato dell'applicazione della Legge 199/2016, una normativa che ha preso piede dopo la morte della bracciante Paola Clemente, avvenuta nel 2015, che ha dato una spinta decisiva alla lotta contro il caporalato.

La storia che ha portato alla liberazione di questi lavoratori ha inizio alcuni mesi fa, quando alcuni braccianti si sono rivolti alla FLAI CGIL per denunciare le condizioni di sfruttamento in cui vivevano. I lavoratori, arrivati dall’estero con la promessa di un permesso di soggiorno facile, si sono ritrovati intrappolati in un circolo vizioso di debiti e truffe. Costretti a pagare fino a 15.000 euro per ottenere un Nulla Osta per lavoro stagionale, molti di loro si sono ritrovati irregolari e sfruttati, senza alcuna protezione legale o diritti.

Il meccanismo che li ha intrappolati è legato a una rete transnazionale di compravendita di Nulla Osta, con permessi di lavoro rilasciati a nome di aziende fittizie, senza alcuna garanzia per i lavoratori. Una volta giunti in Italia, i braccianti non sono stati accolti dalle aziende che avevano richiesto i permessi, finendo così per essere sfruttati da un caporale che prometteva loro lavoro e un alloggio dignitoso. La realtà, tuttavia, era ben diversa: le condizioni di vita erano terribili, senza acqua, luce o gas, e il lavoro nei campi era estenuante, con paghe mai ricevute e un debito che sembrava impossibile da estinguere.

Mattei ha evidenziato come il sistema delle leggi italiane in materia di immigrazione, come la Legge Bossi-Fini e il Decreto Flussi, non solo non risolvano i problemi legati allo sfruttamento, ma alimentino la clandestinità e l’illegalità. "Le politiche migratorie di questo Governo hanno peggiorato la situazione, favorendo il caporalato invece di eliminarlo", ha aggiunto. Per questo, la FLAI CGIL continua a chiedere una sanatoria che consenta a tutti i lavoratori irregolari di uscire dallo sfruttamento e di essere assunti regolarmente.

Grazie alla collaborazione con il progetto Navigare e il supporto legale dello Studio Paggi, i braccianti hanno ora la possibilità di ricostruire le loro vite. "Oggi possiamo dire che non sono più prigionieri delle loro condizioni, hanno la possibilità di lavorare legalmente e vivere in un ambiente sicuro e dignitoso", ha concluso Mattei. La battaglia, tuttavia, non è finita: la FLAI CGIL continua a lavorare per estendere i diritti a tutti i braccianti sfruttati e per combattere contro un sistema che ancora oggi li condanna a vivere nell'ombra.

Le storie di questi lavoratori non devono essere dimenticate. Il loro coraggio ha fatto la differenza, e oggi la loro voce è finalmente ascoltata.

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