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Cronaca
11.02.2025 - 09:32
La morte di un operaio bengalese, di 35 anni, avvenuta in un’azienda di Marghera, racconta una tragica realtà legata alle difficoltà economiche e al dolore per la lontananza dalla famiglia. La vittima, che si trovava in Italia da tre anni, non era riuscito a ripagare un pesante debito accumulato durante il viaggio attraverso la Libia. Sebbene avesse ottenuto un permesso di soggiorno attraverso una sanatoria, la sua situazione rimaneva precaria.
Gli amici della comunità bengalese di Mestre raccontano che l’operaio trovava lavori saltuari che gli permettevano a malapena di vivere e mandare tutto il resto dei guadagni alla sua famiglia in Bangladesh. Poiché era il fratello maggiore, si sentiva in dovere di prendersi cura anche degli altri membri della sua famiglia. La sua richiesta di asilo politico, che gli consentiva di lavorare legalmente in Italia, non gli dava però la sicurezza di un contratto a tempo indeterminato. Questo lo aveva preoccupato a lungo, costringendolo a restare in Italia, in quanto con la richiesta di asilo non poteva acquistare un biglietto aereo per far ritorno a casa.
Solo di recente, grazie a una sanatoria, il 35enne bengalese era riuscito a ottenere il permesso di soggiorno, cosa che lo aveva rassicurato, dandogli la speranza di sistemarsi e portare in Italia la moglie e il figlio dopo anni di attesa. Tuttavia, la pressione economica e emotiva era ancora forte, secondo quanto riferito dagli amici. L’operaio aveva un fratello in Italia, ma i contatti tra di loro erano inesistenti, e a complicare la sua situazione, già difficile a causa dei debiti e delle liti con i parenti, era arrivata due mesi fa la notizia della morte del padre. Non essendo riuscito a vedere il genitore prima della sua scomparsa, il dolore si aggiungeva alla sua difficile condizione. Inoltre, si trovava ora a dover affrontare tutte le incombenze legate alla morte del padre, un peso che probabilmente sentiva come troppo grande da sopportare da solo.
Quando il suo corpo è stato trovato in azienda a Marghera, era ormai troppo tardi. Il Suem non aveva potuto rianimarlo e gli agenti delle volanti del 113 si sono occupati dei rilievi e delle indagini, avvisando la procura.
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