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Cronaca
14.05.2025 - 12:00
Foto di repertorio
Un gesto di responsabilità si è trasformato in un episodio violento e paradossale, che solleva interrogativi gravi sulla cultura della sicurezza nei cantieri. Il protagonista è un elettricista 45enne, dipendente di una ditta trevigiana e responsabile di cantiere, che lo scorso 3 febbraio è stato colpito con due pugni in pieno volto da un collega, infastidito da un semplice richiamo: “Metti le scarpe antinfortunistiche”.
Una richiesta legittima, anzi doverosa, prevista dalle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma nel cantiere in cui è accaduto il fatto, l’invito alla prudenza ha provocato una reazione violenta: il lavoratore è finito in ospedale con una ferita al labbro e un trauma facciale, refertato con dieci giorni di prognosi.
Se la violenza fisica non fosse stata sufficiente, all’elettricista è arrivata anche una sanzione disciplinare da parte della sua stessa azienda, che in un primo momento ha agito come se a creare problemi fosse stato lui. Solo in un secondo tempo il provvedimento è stato revocato, ma l’infortunio non è mai stato segnalato all’INAIL, come invece previsto dalla legge.
«Siamo davanti a un fatto grave — commenta l’avvocato Mauro Zanatta, legale dell’uomo aggredito — il mio assistito è stato colpito per aver fatto semplicemente il proprio dovere. Non solo è stato ferito, ma ha anche subito un’ingiustizia da parte del datore di lavoro».
Profondamente amareggiato per l’atteggiamento dell’azienda, l’elettricista ha rassegnato le dimissioni per giusta causa e ha avviato un’azione legale per ottenere il risarcimento dei danni fisici e morali. La denuncia è stata presentata, corredata dalla documentazione medica, ma l’aggressore non ha ancora risposto formalmente.
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