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Cronaca
27.05.2025 - 11:15
Foto di repertorio
Un caso doloroso e complesso scuote la città di Vicenza e solleva interrogativi profondi sul confine tra scelta familiare e responsabilità penale. La Procura vicentina ha aperto un’indagine formale nei confronti dei genitori di un ragazzo di 13 anni, deceduto all'inizio del 2024 all’ospedale San Bortolo a causa di un tumore. I due sono accusati di omicidio volontario con dolo eventuale, per non aver permesso, secondo l'accusa, l’avvio tempestivo delle cure oncologiche ritenute fondamentali per le possibilità di sopravvivenza del figlio.
L’inchiesta, avviata a seguito di una segnalazione dei servizi sociali, ha fatto emergere presunte discrepanze tra il percorso terapeutico indicato dai medici curanti e le decisioni effettivamente adottate dalla famiglia. Dopo un primo passaggio alla Procura minorile di Venezia, il fascicolo è stato assegnato alla magistratura di Vicenza, che ha ravvisato ritardi significativi nell’inizio della chemioterapia. Ritardi che, secondo i consulenti nominati, avrebbero inciso in modo determinante sul decorso della malattia.
Gli inquirenti contestano alla coppia un comportamento che, pur non avendo finalità omicida, avrebbe implicato la consapevolezza del rischio di morte e, nonostante ciò, una scelta di attendismo o rifiuto delle terapie, tale da configurare il reato. La difesa dei genitori respinge con decisione questa lettura, parlando di una famiglia distrutta dal dolore, che ha vissuto momenti di confusione e disperazione, senza mai volere il male del figlio.
Il caso è destinato ad affrontare un iter giudiziario complesso, in cui la giustizia dovrà stabilire se il comportamento della famiglia possa essere considerato negligenza consapevole o un tragico errore in buona fede. Decisivo sarà il giudizio sul nesso causale tra il ritardo terapeutico e il decesso del minore.
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