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Truffe in banca a Padova: decine di vittime ingannate da falsi carabinieri

Un raggiro sempre più elaborato convince le persone a svuotare i propri conti

Truffe in banca a Padova: decine di vittime ingannate da falsi carabinieri

Foto di repertorio

Negli ultimi mesi, Padova è stata teatro di una nuova ondata di truffe ai danni di cittadini ignari, raggirati da un sistema sofisticato che sfrutta la paura di perdere i risparmi. La truffa, ormai diffusa, si basa sull’invio di falsi sms bancari e sulla telefonata di presunti carabinieri, con l’obiettivo di indurre le vittime a trasferire il proprio denaro su conti controllati dai truffatori.

Il meccanismo parte da un messaggio inviato da un numero sconosciuto, che avvisa la vittima di un bonifico sospetto effettuato dal suo conto corrente. Il testo, abilmente confezionato per sembrare inviato dalla banca o da servizi digitali come Nexi, invita a contattare un numero telefonico per maggiori dettagli. Sospettosa e spaventata, la vittima chiama il numero, trovandosi davanti a un falso operatore che riferisce di un dipendente infedele all’interno dell’istituto di credito.

A questo punto, viene suggerito di mettersi in contatto con i carabinieri, ma il numero indicato è falso e risponde una voce con accento napoletano che conferma la presunta truffa e annuncia l’intervento di un collega. Successivamente, arriva una seconda chiamata da un altro falso carabiniere che informa della necessità di trasferire i soldi su un conto “sicuro”, fornendo un IBAN ignoto.

La vittima, come racconta il caso di Laura, è istruita a recarsi in banca mantenendo la linea telefonica aperta, così da “raccogliere prove” contro i presunti malfattori. Questa tattica permette ai truffatori non solo di intercettare le conversazioni, ma anche di clonare il telefono della vittima, impedendo alle vere banche di comunicare con loro e insospettirli.

Dopo il primo bonifico, le vittime sono spesso convinte a fare ulteriori trasferimenti, con la scusa che ci siano ancora fondi da mettere in salvo. Solo una volta giunte alle sedi reali dei carabinieri, come quelle di Prato della Valle o di via Rismondo, si rendono conto di essere state ingannate, trovandosi con i conti svuotati e poche possibilità di recuperare le somme perse.

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