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Cronaca

Addio a Enrico Tantucci, voce critica e appassionata di una Venezia che resiste

Il giornalista ha raccontato il volto culturale della città con rigore e profondità

Vicenza: cordoglio per la scomparsa di Ottaviano Del Turco: un esempio di dedizione e passione

Foto di repertorio

Si è spento all’età di 70 anni Enrico Tantucci, giornalista di lungo corso, penna lucida e impegnata, punto di riferimento per chi ha voluto capire la trasformazione – e la resistenza – della Venezia contemporanea. Le sue cronache, in particolare quelle legate al mondo della cultura, sono state uno specchio fedele e spesso impietoso di una città sempre più fragile, ma ancora viva.

Originario di Roma, Tantucci aveva scelto Venezia come luogo dell’anima, analizzandola con uno sguardo affettuosamente severo, come dimostrano le sue inchieste per La Nuova di Venezia e Mestre e i suoi scritti più recenti.

Il libro che è diventato simbolo

Nel 2015 aveva pubblicato il libro “A che ora chiude Venezia?”, un titolo folgorante ispirato a una frase pronunciata da una bambina turista. Un’osservazione ingenua, ma profonda, che Tantucci trasformò in un saggio critico sulla "disneylandizzazione" della città lagunare. Un contributo lucido alla discussione sul futuro di Venezia, spesso ridotta a scenario turistico, svuotata di vita reale.

Una firma rispettata, una voce indipendente

Tantucci era noto per il suo stile sobrio ma tagliente, sempre documentato e mai urlato. Nel 2011 ricevette dall’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti il Premio giornalistico per Venezia grazie a una puntuale inchiesta sul ruolo delle istituzioni culturali cittadine, pubblicata sul Giornale dell’Arte.

L’eco della sua scomparsa ha unito in un raro coro unanime mondo accademico, istituzioni, politica e giornalismo. Dal sindaco Luigi Brugnaro al senatore Andrea Martella, fino al sociologo Gianfranco Bettin, molti hanno ricordato Tantucci come un osservatore rigoroso e prezioso, capace di stimolare riflessioni senza cedere alla retorica.

A rendergli omaggio anche tutte le principali realtà culturali veneziane: dalla Biennale alle Gallerie dell’Accademia, dai Musei Civici alla Fondazione Cini, dall’Ateneo Veneto al Teatro La Fenice, fino alle università Ca’ Foscari e IUAV.

Il vuoto lasciato da una coscienza vigile

"Venezia non è più una città", scriveva Tantucci dieci anni fa, denunciando il rischio di una trasformazione irreversibile. Eppure, nel suo lavoro c’era sempre spazio per una speranza implicita: che l’intelligenza critica e la bellezza potessero ancora avere un ruolo.

Oggi che quella voce si è spenta, resta l’eredità di uno sguardo limpido, libero e appassionato. Un esempio per il giornalismo e per tutti coloro che credono ancora che Venezia non sia solo una cartolina da visitare, ma una città da comprendere e difendere.

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