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Cronaca
09.11.2025 - 11:19
Foto di repertorio
Bastano pochi messaggi e un luogo convenuto perché un “chiarimento” tra adolescenti diventi un ring improvvisato. È successo ancora, nel lembo di terra tra Vicenza e Treviso, dove un raduno di giovanissimi si è trasformato in violenza. Un episodio che riaccende il faro sul fenomeno delle baby gang, sulle dinamiche di branco e sul ruolo dei social come cassa di risonanza.
Mercoledì sera, a Romano d’Ezzelino (zona di Romano Alto), una quarantina di ragazzi tra i 14 e i 17 anni si è data appuntamento per assistere a un presunto confronto tra due gruppi rivali. La scelta del luogo, spiegano gli inquirenti, non è casuale: un’area vicina all’oratorio parrocchiale, solitamente frequentata da famiglie, individuata come punto “neutro” a metà strada tra i Comuni di residenza dei giovani e Bassano del Grappa, dove molti di loro frequentano gli istituti superiori.
Il raduno, fissato dietro la chiesa intorno alle 17.40, è degenerato in pochi minuti. Come riportato da Il Gazzettino, spintoni, schiaffi, pugni e calci sono volati sotto lo sguardo divertito di una trentina di coetanei intenti a riprendere la scena con i cellulari. A cercare di interrompere la rissa è intervenuta una volontaria della cooperativa parrocchiale Noiconvoi: ha minacciato di chiamare il 112, ricevendo in cambio insulti e bestemmie.
La zona è dotata di telecamere di sorveglianza, ma al momento i protagonisti non sono stati identificati. I carabinieri stanno analizzando i filmati e monitorando i social network più utilizzati dagli adolescenti, alla ricerca di video o messaggi riconducibili alla violenza di gruppo. Gli investigatori, che faticano a ottenere spiegazioni dai ragazzi coinvolti — spesso reticenti anche con i genitori — sottolineano come le cause di questi scontri restino spesso oscure o legate a futili motivi.
Non è escluso che la rissa sia la prosecuzione di una vicenda esplosa a fine ottobre tra Pieve del Grappa e Bassano del Grappa. Il 27 ottobre, una catena di violenze aveva visto un 14enne di Bassano rapinare, per vendetta, un 13enne che lo aveva picchiato il giorno prima a Pieve del Grappa. In quel contesto erano stati denunciati otto ragazzi. La ripetizione degli scontri e la geografia degli incontri spingono gli inquirenti a valutare la continuità tra gli episodi.
Romano Alto è stato, secondo gli inquirenti, un compromesso territoriale: non “il” quartiere di una banda, ma un crocevia a portata dei diversi gruppi. La cornice — un oratorio parrocchiale, un tardo pomeriggio in settimana — indica la volontà di muoversi in un’area conosciuta e percepita come accessibile, sfruttando la copertura del flusso quotidiano di studenti e famiglie.
L’episodio rilancia il dibattito sulla crescente aggressività tra giovanissimi e sull’impatto dei social nella normalizzazione della violenza. Il fatto che decine di coetanei abbiano assistito filmando suggerisce un “effetto tribuna”: la dinamica non è solo la rissa in sé, ma la sua potenziale esibizione. Gli smartphone diventano moltiplicatori, alimentando la pressione del gruppo e l’emulazione, anche solo con la promessa implicita di visibilità.
La testimonianza della volontaria di Noiconvoi racconta l’altra faccia della storia: quella di chi prova a mediare e si scontra con la chiusura dei ragazzi. Un segnale di difficoltà relazionale che gli investigatori riscontrano anche nei colloqui con le famiglie. Qui la sfida non è solo di ordine pubblico, ma culturale: ricostruire argini educativi e relazioni di fiducia in grado di spegnere la miccia prima che scatti l’appuntamento “a metà strada”.
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