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11 condanne e 141 anni di carcere per il processo Miteni. Guarda: "Chieda scusa chi ci chiamava allarmisti"

Il Tribunale di Vicenza chiude un lungo processo per reati ambientali e bancarotta fraudolenta, la Cgil Veneto: "Una pietra miliare nella lotta per la difesa dell’ambiente e della salute della popolazione"

Cristina Guarda, consigliera regionale di Europa Verde

Cristina Guarda, consigliera regionale di Europa Verde

Con il deposito delle motivazioni della sentenza del 26 giugno 2025, si chiude ufficialmente il processo sulla ex Miteni di Trissino, azienda finita al centro di uno dei casi ambientali più gravi del Veneto. La Corte d’Assise di Vicenza ha condannato 11 dei 15 imputati, tra dirigenti della Miteni e delle multinazionali Mitsubishi e Icig, a un totale di 141 anni di carcere, oltre a disporre il risarcimento per le parti civili coinvolte. Il procedimento, durato più di quattro anni, ha affrontato reati legati all’inquinamento e a questioni finanziarie della società.

La Cgil del Veneto, che si era costituita parte civile, ha definito la sentenza «una pietra miliare nella lotta per la difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini». Silvana Fanelli, segretaria regionale con delega al tema ambientale, sottolinea che «gli imputati erano a conoscenza dell’inquinamento e non hanno fatto nulla per fermarlo». La Cgil annuncia che sarà pronta a seguire l’iter anche in caso di Appello.

Giampaolo Zanni, della Cgil Veneto, aggiunge che «bisogna accertare anche le responsabilità penali per i danni alla salute degli ex lavoratori Miteni, esposti senza protezioni ai Pfas e con livelli ancora oggi molto alti nel sangue, sostanze riconosciute tossiche e in alcuni casi cancerogene, come il Pfoa». Zanni sollecita inoltre l’Inail a riconoscere la malattia professionale a tutti i lavoratori ancora in attesa.

La vicenda ha suscitato reazioni anche tra i politici: Cristina Guarda, eurodeputata dei Verdi e già consigliera regionale, ricorda come le sue denunce fossero state spesso tacciate di allarmismo. «Oggi il tribunale ha confermato che l’inquinamento non era solo storico, ma continuato anche dopo il 2010, aggravato dalla produzione di nuove sostanze come GenX e C6O4. Chi parlava di allarmismo dovrebbe chiedere scusa», afferma Guarda. La parlamentare sottolinea che la responsabilità riguarda anche scelte industriali recenti e consapevoli che hanno compromesso la qualità delle acque di Vicenza, Verona e Padova.

Il caso Miteni resta così un punto di riferimento per il Veneto nella battaglia per ambiente e salute, con la sentenza che conferma le responsabilità penali dei vertici aziendali e riaccende l’attenzione sulle conseguenze dell’esposizione ai Pfas nella popolazione locale.

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