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07.10.2022 - 15:56
A Padova gli appuntamenti ai Musei Civici sono tre, tutti ad ingresso libero
L'installazione "Fons vitae" di Antonio Ievolella si inserisce in modo perfetto nello spazio scenico dell’Arena Romana, un luogo straordinario e denso di storia, in dialogo con i maggiori monumenti della città: la Cappella degli Scrovegni e il complesso degli Eremitani.
Qui in epoca romana, prima della costruzione dell’anfiteatro, passava l’acquedotto della città, di cui si possono vedere alcune tubazioni in pietra poco distante. "Fons vitae" (Fonte di vita) ha come motivo ispiratore l’acqua, che scorrendo attraverso le anfore allude al continuo rigenerarsi della vita, in un simbolico intreccio di passato e presente.
I trenta otri di terracotta sospesi su sottili, irregolari ponteggi di ferro richiamano un mondo arcaico e insieme simboleggiano dei grembi, come spesso accade nel lavoro dell’artista.
La seconda installazione Nuovo Eden è realizzata da Giuliana Natali e rappresentano quattro grandi corolle di fiori e due animali che sostano, come in un recinto fuori dal tempo, sui preziosi mosaici romani custoditi nel museo archeologico, in un inedito e affascinante incontro tra l'arte romana e l'arte contemporanea.
Evocando misteriose esistenze di un nuovo paradiso terrestre, conseguente all’estinzione del genere umano, Giuliana Natali introduce tra i reperti più antichi una ipotetica visione del futuro che è forse, nella sua perturbante circolarità, solamente un ritorno alle origini. Le strutture arrotondate e i materiali soffici celano la resistenza ostile di queste forme di vita sopravvissute a condizioni ambientali divenute insostenibili.
A Palazzo Zuckermann per la prima volta un’opera di arte contemporanea viene accostata alle collezioni di arte applicata. “Ice Memory” di Sabrina Notturno, una colonna in vetro decorato alta due metri che contiene quattro tazze da tè rialzate da uno stelo in cristallo, è stata realizzata nel 2018 per la Coffee House del Museo Nazionale Villa Pisani di Stra.
La Coffee House è una piccola architettura usata nel Settecento come sala da tè, costruita su una collina artificiale cava al cui interno, durante l’estate, venivano conservati i blocchi di ghiaccio. Di questi, l'opera riprende la forma a parallelepipedo e la superficie lucida e liscia.
I vapori del ghiaccio, ricreati dall’artista con una macchina del fumo, esalavano nella stanza vetrata attraverso le fessure di una grata nel pavimento. In questo nuovo allestimento, in cui viene illuminata dall’interno, l’opera dialoga con gli oggetti del Museo di arte applicata, in particolare con le porcellane antiche esposte a pochi metri di distanza, suscitando nuove possibilità di lettura.
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