Si conferma il trend di leggera ma costante crescita, registrata negli ultimi anni, del reddito medio dei padovani, che si mantiene superiore a quello dei concittadini veneti ma comunque sotto alla media nazionale. E ancora persiste il deciso divario tra uomini e donne nei redditi percepiti e denunciati. Sono le prime evidenze ad emergere dall’osservatorio di Caf Acli di Padova, che restituisce un’anteprima dei dati relativi alle dichiarazioni fiscali finora presentate per i redditi 2022 da più di 18mila persone nei 15 sportelli dislocati in tutta la provincia.
730
Si tratta di un gruppo di contribuenti “stabile”, ossia che dal 2020 si sono rivolti puntualmente ogni anno ai Centri di assistenza fiscale-Caf di Acli, pari a oltre il 60% delle 30mila persone che verosimilmente presenteranno la dichiarazione dei redditi tramite Caf Acli. A tre mesi dall’avvio della campagna fiscale (chiusura il 2 ottobre), è consegnata dunque una prima lettura di alcuni principali trend. Commenta Gianni Cremonese, presidente provinciale di Acli Padova: «I dati apparentemente porterebbero a pensare che per i padovani le cose stiano via via lievemente migliorando. Ma si tratta di numeri che chiedono di essere letti anche in termini reali, ossia “normalizzati” in relazione agli effetti considerevoli del caro energia prima e poi dell’inflazione, con il suo pesante impatto sul costo della vita di singoli individui e famiglie, che hanno visto ridursi in misura significativa il proprio potere di acquisto».
L'analisi
Ad essere presi in esame da Caf Acli Padova sono più precisamente i 18.102 contribuenti residenti nella provincia (lavoratori dipendenti e pensionati,) che al 14 giugno 2023 risultano nel periodo 2020-2023 essersi rivolti ogni anno a uno sportello del sistema per presentare il proprio modello 730 per i redditi riferiti agli anni precedenti. Del gruppo totale analizzato, il 53% è composto da donne (9.594 contribuenti) e il restante 47% da uomini (8.508).
Reddito medio
Il loro reddito medio complessivo si attesta per il 2022 a 24.398 euro, segnando un aumento del +2,87% rispetto all’anno precedente (23.717 euro). E, ancora, risulta essere maggiore dell’1,81% rispetto al reddito medio dei veneti, di 23.956 euro, e invece inferiore del 6,66% rispetto alla media nazionale, pari a 26.022 euro. «Confrontando i dati del quadriennio osservato, si può notare come i redditi degli stessi padovani stiano registrando un andamento di lieve ma progressiva crescita, come d’altronde accade anche per il reddito medio veneto rispetto al quale il padovano si mantiene comunque superiore, con una differenza media pari a 1,66%» spiega Marina Scopel, responsabile di Caf Acli Padova. Nello specifico, l’aumento reddituale più consistente per i padovani si osserva nel 2021 (+3,07% rispetto al 2020), valore su cui però incide la ripresa economica e produttiva legata al periodo post pandemico.
Gender gap reddituale
Dai dati disponibili per quest’ultimo anno, risulta inoltre già confermata una tendenza purtroppo ancora resistente, ossia l’evidente gap reddituale tra maschi e femmine. I dati padovani, infatti, ci dicono che un lavoratore dipendente o pensionato ha un reddito medio complessivo di 29.982 euro, ossia superiore di 11mila euro rispetto a quello di una lavoratrice o pensionata (18.941 euro): significa una differenza percentuale ben considerevole, che si attesta al 36,83%. Una disparità configurata come tendenza dell’intero quadriennio analizzato, in cui le lavoratrici donne hanno percepito in media sempre il 37% in meno rispetto agli uomini. Ed è interessante notare anche come il divario reddituale collegato al sesso del lavoratore sia andato sempre aumentando dal 2019 ad oggi, passando da una differenza di 10.671 euro nel 2019 a 11.041 euro nel 2022. L’aggravamento della situazione reddituale femminile trova ampia conferma anche a livello nazionale, come presentato nella recente indagine “Lavorare Dis/pari. Un’indagine sulla disparità salariale di genere” curata dall’Area Lavoro-Coordinamento donne delle Acli.
Motivazioni
È un fenomeno, quello dell’asimmetria reddituale tra uomini e donne, con radici profonde e storiche, che può trovare spiegazione - come ben noto - nel contesto economico, politico e sociale in cui viviamo. Tra i fattori determinanti vi sono, in primis, le diverse caratteristiche dell’offerta di lavoro femminile rispetto a quella maschile (a partire da condizioni contrattuali di frequente più precarie), insieme alla tipologia di impiego (ad esempio il lavoro part-time è svolto per la maggior parte dalle donne). E ancora, la segregazione occupazionale orizzontale in settori a bassa tutela e basso reddito (come la ristorazione, i servizi), come anche la cosiddetta segregazione occupazionale verticale, ossia la concentrazione di donne nei livelli bassi e medi dei profili professionali dipendenti e la prevalenza maschile nei livelli alti, che comporta dunque un maggior compenso per i lavoratori uomini. Il trend citato fa un’eccezione per l’anno della pandemia, il 2020, che ha visto una riduzione della forbice reddituale tra uomini e donne, registrando una differenza pari a 10.474 euro. Le motivazioni sono però facilmente riconducibili all’anno anomalo, caratterizzato da fermate forzate di attività produttive e conseguente ampio utilizzo della cassa integrazione. I dati di Caf Acli Padova mostrano infatti che gli uomini sono stati penalizzati maggiormente (rispetto alle donne) in termini di reddito con l’avvento del Covid, ma poi sono rientrati nel tessuto produttivo recuperando e oltrepassando il reddito preCovid.
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