Un punto di riferimento decennale per le donne padovane in difficoltà. Presenza capillare in tutto il territorio
La violenza di genere commessa dagli uomini nei confronti delle donne è un problema sociale che ha assunto particolare risonanza, soprattutto in seguito alla tragica morte di Giulia Cecchettin, la studentessa dell'Università di Padova, divenuta la 105esima vittima di femminicidio in Italia nel 2023. Lo scorso anno in Veneto sono state otto le donne uccise. E le telefonate ai centri antiviolenza sono in crescita costante. Al Centro Veneto Progetti donna che segue la provincia di Padova, le chiamate giornaliere, al numero 800 81 46 81, sono quintuplicate dopo gli ultimi fatti di cronaca. Le donne accolte lo scorso anno sono state 1.210. E la tendenza non si sta abbassando. “È un segnale che tante donne stanno prendendo consapevolezza e fiducia nel chiedere aiuto ai centri antiviolenza – commenta la presidente del Centro Veneto Progetti Donna Mariangela Zanni – segno anche c'è bisogno che lo Stato faccia qualcosa di più. Siamo molto indietro nel proteggere le donne veramente”.
Punto di riferimento
Il Centro rappresenta un punto di riferimento nell'affrontare situazioni di difficoltà, violenza e maltrattamento familiare nei confronti delle donne. Fondato a Padova nel 1990 da un gruppo di donne motivate a rispondere alle crescenti richieste di soccorso, l'associazione ha mantenuto il suo impegno nel supportare le donne in situazioni difficili. Le operatrici accolgono quotidianamente donne in cerca di aiuto, ascoltando le loro storie e fornendo un sostegno completo che spazia dal supporto psicologico a quello legale, se necessario. Un rifugio, un luogo in cui le donne possono trovare ascolto, attenzione, rispetto e supporto in un momento critico della loro vita. La portata dell'azione del Centro si estende nella Provincia di Padova, con la gestione di cinque Centri antiviolenza sul territorio e otto sportelli. Inoltre, l'associazione gestisce sette case rifugio, fornendo accoglienza e sostegno a donne e minori in situazioni di emergenza. “In questi ultimi mesi l’attenzione è maggiore – continua Mariangela Zanni –. Siamo state contattate da diverse realtà del territorio (scuole, imprese, associazioni) per attivare incontri e percorsi strutturati per sensibilizzare e formare il personale interno. Un segnale che la comunità si sta interrogando sul tema. Un cambiamento di rete sociale importante”. Un fenomeno oggetto di discussione diffusa non solo nei media ma anche nei diversi contesti, tra cui l'ambiente scolastico. All'interno di quest'ultimo, è emersa in modo inequivocabile la necessità di approfondire la comprensione del fenomeno, al fine di aumentare la consapevolezza individuale nei confronti delle dimensioni e delle caratteristiche della violenza di genere.
Educazione nelle scuole
“Colpiti dal femminicidio di Giulia, anche il clima nelle classi è cambiato – aggiunge la presidente del Cento –. Le studentesse e gli studenti avvertono l'urgente necessità di comprendere appieno quali siano i comportamenti abusanti e di fare chiarezza sui molteplici aspetti della violenza di genere. Molto spesso si interrogano sulla natura delle loro relazioni, così come su quelle dei loro compagni di classe e amici, cercando di valutarne la positività. Il terribile evento legato al femminicidio ha innescato un processo di riflessione sulla consapevolezza delle dinamiche relazionali, portando gli studenti a interrogarsi sulle caratteristiche che definiscono un rapporto sano e rispettoso. La tragedia di Giulia ha quindi catalizzato l'attenzione sulla necessità di promuovere un ambiente scolastico che incoraggi il dialogo aperto e la comprensione reciproca, affrontando il tema della violenza di genere con un approccio informativo e formativo”.
Le denunce
In merito alle denunce, però, emerge oggi l’esigenza di andare oltre la semplice esposizione dei fatti, concentrandosi sulla necessità di una risposta concreta. L'analisi delle istituzioni e la consapevolezza del rischio associato a tutti i cosiddetti "reati spia" risultano fondamentali. "Non è sufficiente limitarsi alla denuncia per garantire la sicurezza delle donne – aggiunge Mariangela Zanni –. Quando una donna si rivolge alle istituzioni per chiedere sostegno, è fondamentale assicurare la sua protezione. Ciò richiede un adeguato livello di formazione, affinché possano valutare accuratamente il rischio che la donna sta correndo in base alla sua situazione segnalata. Inoltre, la necessità di una presa a carico integrato della vittima che si lavori nel lungo periodo”. E sulle priorità del nuovo anno il Centro ha le idee chiare: incrementare il personale e le risorse umani, per non lasciare indietro nessuna. E lavorare sulla prevenzione attraverso la comunità educante. La sua presenza capillare e l'impegno instancabile testimoniano l'importante ruolo svolto dal Centro Veneto Progetti Donna nel contrastare la violenza di genere e nell'offrire un rifugio sicuro a coloro che ne hanno bisogno.
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