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DENTRO LA NOTIZIA. pnrr
18.10.2025 - 09:15
Il conto alla rovescia per la conclusione dei cantieri legati al Pnrr (31 agosto 2026) è ormai avviato. Ma qual è la situazione nel territorio padovano? Ne parliamo con un rappresentante di Ance Padova.
Presidente Grosselle a che punto siamo con i lavori del Pnrr in provincia di Padova?
«Il nostro auspicio è che venga concessa una proroga. Il Parlamento europeo ha chiesto di estendere di diciotto mesi la scadenza, per permettere di completare gli interventi che non saranno pronti entro il 31 agosto 2026. Ora spetta ai decisori politici prendere atto della realtà. Detto questo, la provincia di Padova è al primo posto in Veneto per numero di progetti: 6.136 in totale, per un valore complessivo di 5,5 miliardi. In particolare, il tram rappresenta l’opera più significativa. La linea Sir2 vale complessivamente 485,83 milioni, di cui 308 milioni finanziati con fondi Pnrr: i pagamenti hanno già raggiunto il 20,1% per la quota Pnrr e il 30,5% sul totale. Per la linea Sir3, invece, il finanziamento complessivo è di 92,3 milioni, con 14,6 milioni provenienti dal Pnrr.. Certo, il disagio dei cantieri lo subiamo anche noi come imprese. Oltre a queste grandi opere, sono previsti numerosi interventi sugli asili nido e importanti lavori delle municipalizzate, soprattutto per la sistemazione delle reti idriche».
Mi sembra di percepire che è favorevole al Pnrr
«Assolutamente. Lo dico sempre i fondi per finanziare le opere vanno spesi. Ma una buona notizia potrebbe arrivare per quei cantieri che non sono partiti per diverse motivazioni. Infatti potrebbe essere costituito un fondo destinato all’edilizia residenziale, quindi piano casa e su progetti legati ai problemi idrici. Una soluzione che va incontro ad altre nuove esigenze delle città. Il Pnrr ha portato un segnale positivo sul fronte lavorativo. Le nostre casse edili hanno avuto un salto positivo del 20%, questo significa più manodopera».
L’edilizia sta cambiando, ma è cambiata anche la mentalità
«La strada è segnata: serve un nuovo modo di costruire. Ce lo richiedono la legge sul consumo di suolo e, soprattutto, i cambiamenti climatici. Non conta solo cosa realizziamo, ma anche come lo facciamo. L’obiettivo è una città a 15 minuti, più vivibile sul piano sociale e più sostenibile dal punto di vista ambientale. Il Pnrr rappresenta un primo passo in questa direzione, ma al governo chiediamo una programmazione più ampia e continuativa, evitando di intervenire solo in situazioni di emergenza».
Come immagina il futuro dei centri abitati? «La parola chiave è rigenerazione. Non si tratta solo di un aspetto tecnico, ma soprattutto culturale. Rigenerare vuol dire intervenire sull’esistente senza cancellare la memoria del passato, ma guardando al futuro. È necessario riqualificare il territorio da un punto di vista ambientale e sociale. Gli edifici devono essere funzionali, belli e inclusivi. Gli spazi verdi, invece, sono fondamentali per dare respiro alle città e a chi le abita. L’obiettivo è creare centri urbani sempre più inclusivi e a misura di cittadino, con particolare attenzione ai giovani e al problema abitativo: esistono molti appartamenti vuoti, chiusi, che vanno ristrutturati e riportati a nuova vita. È essenziale utilizzare al meglio lo spazio già disponibile, anche attraverso servi
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