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La Fenice senza guida: un teatro in bilico tra politica e arte

La mancanza di leadership alla Fenice di Venezia solleva interrogativi sulla gestione culturale e le sue implicazioni future

La Fenice senza guida: un teatro in bilico tra politica e arte

L'11 dicembre scorso, il teatro La Fenice di Venezia è rimasto orfano di un sovrintendente e di un direttore artistico. Fortunato Ortombina, che ha ricoperto entrambi i ruoli per diciassette anni, ha lasciato la Fenice per approdare alla Scala di Milano.

Andrea Erri, il direttore generale, è l'unico a mantenere il timone, ma la mancanza di una leadership artistica e amministrativa è un rischio che il teatro non può permettersi di correre a lungo. I teatri d'opera sono macchine complesse, dove l'equilibrio tra esigenze artistiche e amministrative è delicato e fondamentale. 

La lentezza con cui la politica sta affrontando la questione della successione alla Fenice è sintomatica di un problema più ampio: la cultura non sembra essere una priorità nell'agenda politica. Nonostante fosse noto da tempo che Ortombina avrebbe lasciato il suo incarico, la scelta del successore non è stata ancora ufficializzata. Questo ritardo potrebbe indicare che la decisione non è stata ancora presa o che la scelta non sarà ben accolta né dal teatro né dalla città di Venezia.

Il tempo è un fattore cruciale nella programmazione teatrale. Mentre la Fenice ha già pianificato eventi fino al 2025-26, nei teatri ben gestiti si guarda già al 2027, 2028 e oltre. Ogni giorno di ritardo nella nomina di un nuovo direttore artistico è un giorno perso nella pianificazione futura, e questo potrebbe avere ripercussioni negative sulla qualità e sulla coerenza della programmazione artistica.

Il nome di Nicola Colabianchi è emerso come possibile successore di Ortombina, nonostante le sue performance non brillanti a Cagliari

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