Il Vescovo Pierantonio nel corso delle celebrazioni che hanno segnato la vigilia e il giorno di Natale ha sviluppato una riflessione sul significato della nascita di Gesù per il mondo di oggi segnato da guerra e violenza.
In modo particolare nella messa della vigilia di Natale nel Tempio Civico della Rotonda, alla presenza delle autorità cittadine monsignor Pavanello ho messo inevidenza come dell’evento del Natale scaturiscono indicazioni importanti anche per la nostra città: «Lo stile di Dio, che si umilia e si abbassa assumendo la nostra umanità, deve mostrarci la via e lo stile che anche noi possiamo e dobbiamo adottare per agire per il bene comune di questa città. Abbiamo bisogno di una visione che privilegi la solidarietà al posto della competizione e che metta al primo posto le persone fragili e deboli, che prenda a cuore le generazioni più giovani, che portano in sé la promessa del futuro della nostra comunità. Per questo dobbiamo cercare sempre più di confrontarci e di condividere progetti e iniziative e per questo dobbiamo essere disponibili all’ascolto delle idee e delle proposte degli altri. Dobbiamo mettere da parte la polemica strumentale e la contrapposizione preconcetta, rinunciando alla ricerca della affermazione della propria persona e del proprio gruppo».
Le celebrazioni del Santo Natale in Duomo
Nella celebrazione della notte nel Duomo di Rovigo, affollato come non si vedeva da tempo e con la presenza di parecchi giovani, l’omelia del Vescovo ha spiegato il significato profondo del Natale a partire dal canto degli angeli sulla grotta di Betlemme: «Gloria in cielo e pace in terra si illuminano a vicenda e sono in fondo la stessa realtà vista dalla parte di Dio (la gloria) e dalla parte degli uomini (la pace). Nel Bambino indicato dagli angeli ai pastori si manifesta la potenza salvifica di Dio che porta tra gli uomini quella pace che è libertà, giustizia, prosperità». Per questo la festa del Natale non va «sprecata» con un atteggiamento superficiale e rivolto ai risvolti materiali della festa, ma deve essere occasione per sentirci amati da Dio senza condizioni ed essere così generati alla vita nuova dei figli di Dio.
«Vedere con gli occhi del corpo i disagi»
Il mattino del giorno di Natale nella Cattedrale di Adria invece monsignor Pavanello ha preso spunto dal presepe di Greccio di cui quest’anno ricorrono gli ottocento anni spiegando come l’evento del natale ha bisogno di essere visto e gustato interiormente. In quel primo presepio: mancavano la Madonna, San Giuseppe, il bambino, c’erano solo il bue e l’asino con la greppia. Quello che interessava a Francesco era «vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello». Francesco voleva «vedere» la povertà e l’umiltà in cui era nato il Figlio di Dio per gustare interiormente il suo amore.
«Il Natale ci sfida a credere»
Infine nella messa vespertina di nuovo in Duomo di Rovigo la riflessione del Vescovo si è soffermato sul «mistero dell’incarnazione», sottolineando come vivere il Natale sia immergersi nel mare di amore che Dio ci offre con la sua nascita: «Il Natale ci sfida a credere: solo la fede fa sì che possiamo entrare anche noi nel mistero d’amore che ci ha raggiunti attraverso la nascita del Figlio di Dio. La fede nasce dall’ascolto della Parola custodita nel cuore con il silenzio e l’adorazione. Fermiamoci anche noi in questi giorni davanti al Bambino del presepio, non abbiamo paura di sostare nel silenzio e di offrirgli la nostra adorazione. Solo così potremo accoglierlo e nascere anche noi alla vita dei Figli di Dio»
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