Anche una casalinga che non ha subito lesioni gravi ha diritto a un equo risarcimento del danno patrimoniale, quello da mancato guadagno. È questo il principio più interessante affermato dal giudice Marta Cappelluti, della terza sezione civile del Tribunale ordinario di Venezia, nella recente sentenza emessa il 15 ottobre su una causa civile relativa a un sinistro stradale. I fatti risalgono al 25 ottobre del 2011. Una allora 43enne residente a Mira, casalinga, resta coinvolta in un incidente a Mestre, all'intersezione tra via Gozzi e via Aleardi. La sua vettura viene investita da un'altra auto il cui conducente, per sua stessa ammissione (sarà anche sanzionato per questo dalla Polizia locale, intervenuta per i rilievi), non rispetta il segnale di “Stop”, mancando la precedenza. Nell'urto la donna riporta diverse lesioni, tra cui il colpo di frusta, oltre a pesanti danni materiali alla vettura. Pur essendo la dinamica chiarissima, però, la compagnia assicurativa della controparte, la Fondiaria – Sai Assicurazioni Spa, non intende risarcirla. La cittadina mirese per avere giustizia si rivolge, attraverso la consulente Elisa Sette, a Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini: sfumato ogni tentativo di accordo con la compagnia, scatta inevitabile la citazione in giudizio nei confronti di Sai. Fino ad arrivare alla sentenza, che dà ragione in modo schiacciante alla casalinga e alle sue pretese risarcitorie. Il giudice ha infatti condannato l'assicurazione a pagare alla ricorrente una cifra di più di ventimila euro (oltre a interessi e rivalutazione, più tutte le spese legali e delle consulenze tecniche), comprensivi dei danni materiali alla vettura e di una rilevante somma per i danni fisici alla luce della consulenza tecnica d'ufficio del medico legale incaricato, il quale attesta come “si sia in presenza di un trauma distorsivo del rachide cervicolombare” e che “si deve riconoscere piena sussistenza del nesso di causalità materiale, in via diretta, tra il sinistro occorso e le lesioni patite dalla periziata”. Alla donna è stato riconosciuto un danno biologico permanente del 4%, più svariati giorni di invalidità temporanea e di inabilità lavorativa totali e parziali. “Si tratta di una sentenza significativa - afferma Ermes Trovò, amministratore unico di studio 3A - che riafferma con forza un principio sacrosanto per le donne che si occupano della casa. Pur non ricevendo materialmente uno stipendio, infatti, la loro attività va riconosciuta a tutti gli effetti e quantificata anche sotto il profilo economico, anche nei casi di microlesioni”.
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