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Cavanella Po, la reazione dei residenti al muro anti-profughi

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muro cavanella poPiù che il muro con il Messico, l’elezione di Trump sembra aver metaforicamente accelerato la costruzione di un'altra barriera. Non in America, ma a casa nostra. Il proposito, emerso oramai da qualche giorno dopo la presentazione del progetto da parte dei proprietari delle struttura, di erigere un muro a Cavanella Po, frazione di Adria, in grado di dividere il residence Borgo Fiorito – nel quale sono ospitati oltre 100 profughi – dal resto della frazione sta cominciando a far rumore. Una vera e propria recinzione dunque, che separerebbe i migranti dai residenti. La decisione finale spetterà alla Soprintendenza archeologica di Verona e non dovrebbe arrivare prima di un mese, ma la voce sta circolando tra i pochi abitanti della frazione rivierasca, già preda negli ultimi anni del traffico di pesce e ferrovecchio portato avanti da criminali dell’Est Europa. Ed è stata accolta con un misto di contrarietà e scetticismo. Una signora residente, infatti, pur esprimendo con forza la situazione di disagio che questa ondata di profughi sta provocando, non si dice certo favorevole: “Un muro costituirebbe un’ulteriore ghettizzazione per queste persone e per questo piccolo paese – afferma – già di per sé isolato di suo. Ma questa situazione non potrà continuare a proseguire in questo modo. E’ vero che non si sono ancora registrati problemi di convivenza tra noi e i profughi, ma la loro presenza all’interno del paese crea disagio. Sono troppi rispetto agli abitanti, e noi ci sentiamo esasperati e sempre meno sicuri”. Rimarca questo aspetto anche il proprietario di uno dei due ristoranti presenti a Cavanella, tra l’altro gli unici esercizi commerciali ancora in attività nella frazione. “Il numero di profughi (125 al momento) è oramai il triplo rispetto agli abitanti effettivi del paese, non più di quaranta. Ciò che contestiamo – osserva – è la poca trasparenza che ogni volta accompagna i loro arrivi e le loro partenze. E poi siamo sfiduciati: purtroppo una struttura grande come Borgo Fiorito inserita in un paesino isolato e quasi disabitato come Cavanella Po rappresenta una sede ideale per questo business, e il loro numero sarà destinato certamente ad aumentare. Tanto i disagi li pagheremo noi, che siamo in pochi.” L’uomo, che preferisce mantenere l’anonimato, teme inoltre che la vicenda profughi possa provocare pubblicità negativa al paese e, conseguentemente, anche una contrazione della clientela del suo ristorante. “Nelle ultime settimane ho registrato un calo – ammette – ma è ancora presto per capire se vi sia una correlazione. Di sicuro tutte queste persone che girano liberamente anche nei pressi del locale rappresentano un bel deterrente”. Ma anche lui si dice poco affascinato dall’idea di una recinzione. “Cosa ne verrebbe fuori, una gabbia, un pollaio? Non servirebbe a nulla, e poi ci metterebbe in cattiva luce. Però non posso nascondere la mia esasperazione, in questa attività ho investito tutto e questo problema proprio non ci voleva”. Dalle parti di Borgo Fiorito invece dell’ipotesi muro sembrano non sapere nulla. Sylvain, mediatore culturale della cooperativa Edeco, rimane sorpreso, e decide di infrangere con noi il divieto di rilasciare dichiarazioni alla stampa. “Non conosco l’idea – dice il ragazzo, congolese, in Italia da 13 anni – ma non sono d’accordo. Questi ragazzi non disturbano, sono tutti tranquilli. Si tratta di richiedenti asilo, provengono da paesi flagellati da guerre e dittature”. Quali Nigeria, Gambia, ma anche Senegal, Costa d’Avorio, Ghana e Bangladesh. “Non si sa quanto resteranno, ma non fanno del male a nessuno, e noi della cooperativa siamo qui apposta per educarli. Per questo motivo non capisco il perché delle proteste relative alla loro presenza che si sono verificate nei giorni scorsi”. Insomma, più che un muro per Sylvain sarebbe importante costruire la possibilità che questi ragazzi possano fare qualcosa. Al momento sono inattivi tutto il giorno e trascorrono il loro tempo a mangiare, dormire, ascoltando musica e fumando qualche sigaretta. “Ma – assicura – non possono fare uso di alcolici. L’obbiettivo per il futuro sarà quello di permettere loro di rendersi utili e svolgere qualche attività”. Fino a questo momento, comunque, non si sono registrati particolari problemi di convivenza con i residenti. “Anche al loro interno i profughi sono perfettamente integrati – conclude il mediatore – e convivono pacificamente nonostante appartengano a diverse religioni. Ci sono sia cristiani che musulmani, ma pregano tutti assieme”.   Stefano Chiarelli
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