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SICUREZZA URBANA. CASTELFRANCO 1/4

Delitto a "Playa Loca": dibattito su sicurezza e cultura giovanile nelle discoteche

Dalla trap sotto il mirino dei proprietari di discoteche alla politica che invoca un daspo ad hoc

Delitto a "Playa Loca": dibattito su sicurezza e cultura giovanile nelle discoteche

L’omicidio di Lorenzo Cristea, avvenuto il 4 maggio scorso al di fuori della discoteca Playa Loca a Castelfranco, ha suscitato preoccupazione e rabbia nella società castellana e non solo, suscitando dibattiti su come è cambiato il modo di divertirsi dei più giovani. Molte persone sono state colpite non tanto dalla rissa che ha coinvolto i ragazzi, fenomeno da sempre diffuso ovunque, fuori da locali, discoteche, stadi, quanto dall’utilizzo di armi, come coltelli, che molti giovani portano con sé e non mostrano remore ad utilizzarli, tanto che sono diversi i locali che effettuano controlli con il metal detector all’ingresso. Una settimana dopo il tragico omicidio, lo stesso gestore del Playa Loca, Christian Simioni, ha voluto organizzare una serata invitando istituzioni civili e professionisti del mondo dell’intrattenimento, per discutere e riflettere insieme, al fine di trovare soluzioni o percorsi da intraprendere. Una discussione che riguarda anche la musica più alla moda oggi, la tanto accusata “trap” e il suo immaginario “gangsta” di soldi, armi, droga e lusso, condito da un atteggiamento duro, ribelle e provocatorio. Roberto Giacomin, bodyguard e titolare dell’agenzia di sicurezza Prs Security, ha parlato di come il mondo della sicurezza sia cambiato profondamente negli ultimi anni: prima della pandemia di Covid-19, bastavano 5-6 addetti alla sicurezza per gestire una serata con 800 persone, ora ne servono il doppio. «Non si può negare – commenta Giacomin – che sia cambiata radicalmente la musica. Vanno di moda generi che in qualche modo incitano alla violenza, che sicuramente hanno una presa sulle giovani generazioni». Una visione condivisa anche da Giannino Venerandi, titolare dell’Odissea di Spresiano, che sottolinea come siano le stesse case discografiche a spingere certi “artisti” controversi unicamente nel nome del business. Poi lancia la proposta: «Per serate con una certa affluenza, dobbiamo pagare la squadra dei vigili del fuoco. Personalmente, ma come me tanti miei colleghi, pagherei volentieri anche una pattuglia dei carabinieri che stazionasse fuori dai locali. Anche in chiave preventiva, come avviene nei grandi concerti». Anche la politica sta cercando di venire incontro alle richieste imprenditori e fruitori dei locali notturni. È il caso di Guido Rizzo, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, che lancia l’idea di un “daspo” per i locali, dopo che si è scoperto che gli autori accusati dell’omicidio di Cristea fossero persone già riconosciute come problematiche in altri locali del montebellunese: «Ritengo sia necessario introdurre un daspo specifico per le discoteche e i locali pubblici, sul modello di quello già applicato negli stadi. Chi si rende protagonista di atti violenti o pericolosi non deve più avere accesso ai luoghi del divertimento pubblico. È una proposta di tutela collettiva, che protegge i giovani e le famiglie che chiedono sicurezza e serenità, così come gli imprenditori e i lavoratori del settore. Deve esserci la collaborazione di tutti, a partire dalla politica che può aiutare a formalizzare l’iniziativa dal punto di vista normativo: la sicurezza non può essere una battaglia solitaria».

Leonardo Sernagiotto

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