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Cronaca
08.10.2025 - 22:19
Il carcere femminile della Giudecca a Venezia
Neanche 24 ore dopo il caso del 52enne impiccatosi nella casa circondariale di Montorio (Verona), il mondo carcerario veneto piange il secondo detenuto suicida in pochi giorni: lunedì 6 ottobre, alle 14.30, una cittadina italiana sessantenne, detenuta nel carcere veneziano della Giudecca, si è lanciata dal terzo piano di uno stabile a Vicenza. Era appena al primo giorno di permesso, in visita alla madre nella città berica. Il gesto estremo sarebbe avvenuto proprio dall’appartamento del genitore.
Un lutto grave che segna una settimana nefasta per l’universo carcerario italiano e veneto su cui ancora una volta sono puntati i riflettori.
Non sono ancora chiare le motivazioni che hanno spinto la detenuta del carcere femminile della Giudecca a togliersi la vita, ma questo non impedisce di ipotizzare un legame con le condizioni detentive. Sebbene il carcere della Giudecca non soffra del problema del sovraffollamento rispetto ad altri istituti (94 detenute per 112 posti), ciò non esclude la presenza di disagi meno visibili ma profondi.
Il fatto arriva in un momento in cui il penitenziario veneziano è sotto l’attenzione del Ministero della Giustizia: nel luglio scorso il Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia, e il Ministro Carlo Nordio avevano trovato un’intesa per risolvere le criticità strutturali e i vuoti di organico, mettendo al centro i diritti della persona. L’intento concreto era quello di inviare ad ottobre dieci agenti penitenziari (di cui per ora solo due hanno preso servizio) e di garantire l’arrivo del Nuovo Direttore della casa circondariale femminile.
Da mesi, sindacati e operatori chiedono un intervento politico urgente sulle condizioni delle carceri italiane. Un’urgenza ancora più evidente in vista delle elezioni regionali.
In merito ai suicidi più recenti, è intervenuto Gennarino De Fazio, segretario generale della UILPA Polizia Penitenziaria, lanciando un appello forte alle Istituzioni.
“Un altro caso di suicidio legato al mondo del carcere in pochi giorni. La cronaca parla da sola, più delle statistiche e più dei proclami dai palazzi delle istituzioni. Lancio un appello perché la politica dia una volta per tutte soluzioni fattive. Quella stessa politica che, salvo rari casi, negli ultimi 25 anni non si è mai occupata davvero della situazione immorale – direi illegale – delle carceri italiane, se non alla vigilia delle elezioni o quando soffiava su questi temi il vento del consenso. Non si possono poi inasprire le pene se non si garantiscono strutture, personale e strumenti adeguati per farle rispettare e prevenire queste tragedie”.
“I problemi nelle carceri italiane sono molti e concomitanti: problemi di organizzazione e relativi all’obsolescenza delle strutture; mancanza endemica di personale penitenziario, che non può nemmeno sorvegliare adeguatamente i detenuti perché non si mettano in pericolo; la detenzione che per alcune sacche di disperati finisce per sostituire forme di welfare che lo Stato non garantisce altrove; il problema della gestione delle patologie psichiatriche per cui non c’è la necessaria copertura e adeguati mezzi di assistenza” spiega il segretario De Fazio.
In questi giorni il tragico bollettino dei suicidi di detenuti rileva ben due casi in tre giorni tra Venezia e Verona. Statistiche da bollino nero se si considera che, con l’ultimo episodio, da gennaio 2025 sono a quota 6 i suicidi carcerari in Veneto. Ad essere toccate sono quasi tutte le province: un caso a Belluno, il caso di un minore a Treviso, e ben tre casi a Verona (Montorio), che spicca tragicamente dai dati per il triste primato di essere uno dei penitenziari più affollati in tutta Italia.
“Si assiste di recente a un’incidenza maggiore dei casi di suicidio per detenuti arrestati in applicazione di codice rosso (ovvero per molestie in famiglia, violenze verso i figli, la compagna o i familiari in genere)” rileva il segretario UILPA De Fazio. “Chiaramente ogni caso può avere delle peculiarità ed è sempre complesso generalizzare, ma sicuramente molti di questi soggetti non sono abituati alla permanenza carceraria; spesso quando entrano in cella sono incensurati (come il detenuto appena deceduto a Montorio) o hanno minimi precedenti penali. Per loro l’arrivo in carcere, con l’aggravio del senso di colpa verso i familiari danneggiati – che in alcuni casi sono stati costretti a denunciarli – può portare a compromettere il loro equilibrio psichico ed emotivo. Facendoli arrivare anche a gesti estremi. Non si tratta di giustificare i reati, ma di riconoscere un fenomeno che sta esplodendo e che va gestito con strumenti adeguati”.
“La soluzione a problemi come questi passa necessariamente per la messa in opera di mezzi adeguati alla sorveglianza e a una carcerazione dignitosa. Senza lo stanziamento di risorse da parte della politica in questo senso poco potrà cambiare”.
I suicidi nelle carceri italiane sono ormai una piaga sociale, dovuta a una serie di cause strutturali e concomitanti, tra cui il sovraffollamento degli istituti penitenziari.
“In questo senso purtroppo il DDL Sicurezza, di recente approvazione, non ha fatto che peggiorare la situazione aumentando le fattispecie di reato che prevedono il carcere anche per brevi periodi” spiega ancora De Fazio.
Un malessere generalizzato dunque quello denunciato da De Fazio negli istituti penitenziari di tutta Italia, di cui il Veneto è solo lo specchio. Malessere che accomuna non solo i detenuti ma anche le guardie carcerarie, sotto organico e sottoposte a forte stress: ha fatto riflettere lo scorso 25 settembre la notizia dell’ispettore della polizia penitenziaria del carcere di Secondigliano (Napoli), ormai in pensione, che si è tolto la vita impiccandosi a un albero a Sessa Aurunca.
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