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Confartigianato Veneto: la guerra Russia-Ucraina frena le aziende

L'allerta da Confartigianato Veneto, "La guerra tra Russia e Ucraina frena la ripresa delle aziende venete". Intervista con il Presidente di Confartigianato Imprese Veneto, Roberto Boschetto.

L'escalation russa rischia di compromettere la ripresa delle aziende venete a causa dei rincari delle materie prime. I prezzi ormai alle stelle di gas, petrolio, grano e alluminio stanno, infatti, mettendo in ginocchio le imprese manifatturiere del territorio. Ne parliamo con il Presidente di Confartigianato Imprese Veneto, Roberto Boschetto. Cosa possiamo aspettarci dalle prossime settimane? Purtroppo se da un lato stiamo uscendo dalla pandemia e dal covid, dall’altro stiamo entrando in una pandemia economica e di certo non ci voleva in questo momento. Sul più bello che l'economia italiana si stava riprendendo, ora si crea un ulteriore deficit per il nostro Paese, per il Veneto, per la provincia di Padova. Molte aziende lavorano per l’est, per la Russia, in particolare in relazione a due settori importanti: quello del lusso e quello agroalimentare. Come si concretizzerà alla fine? Ci sarà mancanza di lavoro, mancanza di commesse, alcune aziende saranno in difficoltà. L’export era tornato a crescere nell'ultimo anno grazie anche allo sviluppo della Russia. La guerra metterà in difficoltà le nostre imprese artigiane legate al settore del lusso, e più in generale anche la Provincia di Padova, la Regione. Noi siamo contro la guerra ovviamente e speriamo che questo si risolva nei migliori dei modi, nei tempi più brevi possibili. Certo che la preoccupazione è molta, perché dalla Russia noi importiamo gas, gas vuol dire energia. E noi non siamo produttori di energia. Già da alcuni mesi è cresciuta in modo spropositato il costo dell’energia elettrica e del gas. La nostra preoccupazione è che i prezzi continuino ad aumentare mettendo fuori gioco le nostre imprese artigiane. Ci sono certi settori come la metalmeccanica, la ceramica, la plastica e tante altre che lavorano legate all’energia. Questo fa sì che queste aziende non siano più in grado di stare nel mercato, perché costa troppo produrre. Ci sono invece altri Stati in Europa, come Francia o Germania, che avendo anche una produzione interna di energia riescono a contenere i costi rispetto a noi, riuscendo così a rimanere competitivi all’interno dell’Europa. È un problema complesso. La situazione interessa anche il consumatore finale e le famiglie, il cui potere di acquisto è diminuito parecchio. Questa è l’altra faccia della medaglia…  Questo è un altro tasto dolente, cioè l’aumento dell’inflazione. Pensi che fino a un mese fa era del 3,9% adesso siamo intorno al 4,8. È una cifra altissima e già da 15 giorni molte attività si lamentano. Le aziende che se ne sono accorte per prima sono le stesse che lavorano nel settore agroalimentare: la gente torna a mangiare pane e cipolle, come si usava dire ai tempi dei nostri nonni, cioè deve fare economia su tutto, perché i prezzi sono aumentati in forma esagerata, ma gli stipendi sono sempre quelli. E quindi il potere di acquisto è drasticamente diminuito e questo fa sì che si consumi meno. La produzione rischia di rallentare e questo vuol dire avere più dipendenti di quanto non sia necessario. Come categoria economia, la Confartigianato sta cercando in tutti i modi, anche a livello di Governo, di insistere per una politica nazionale che torni a vedere l’economia anche a livello interno, quindi che torni a produrre energia propria. Eravamo abituati ad acquistare all’estero articoli legati alla meccatronica e all’elettronica, perché costava meno. Il problema è che ora i prodotti o non ci sono oppure costano troppo. Forse il Governo attuale deve ripensare all’economia italiana, rivederla. Deve esserci una produzione interna minima per la sopravvivenza del Paese, perché la guerra o la mancanza di beni di prima necessità, come lo è diventata l’energia, stanno impattando gravemente sul territorio. Il Veneto è fatto anche di tante imprese che vivono di turismo. L'escalation russa avrà ripercussioni anche su questo settore… Turismo vuol dire consumo e consumo vuol dire lavoro. Abbiamo Abano Terme, borghi e altre realtà attrattive. La pandemia sanitaria prima, la pandemia economica ora stanno distruggendo un un settore importantissimo in cui lavorano molte unità, molti dipendenti. La crisi attuale fa sì che il mercato stia cambiando. Ce ne siamo accolti durante il periodo pandemico: alcune fasce di mercato si sono fermate e una volta ripartite hanno fatto fatica a trovare dipendenti, come nel caso della ristorazione, non più in grado di trovare camerieri o altre figure, perché nel frattempo avevano iniziato a lavorare per altri settori. Dovrebbe esserci uno Stato che cerca e che fa delle politiche migliori a lungo termine. Non si può continuare a vedere a un centimetro dal naso o guardare con lo specchietto retrovisore, bisogna guardare avanti a nuove politiche e penso che le associazioni, come corpi intermedi, siano soggetti importanti per poter aiutare e suggerire. Quale appello volete lanciare al Governo? È già da un po’ di mesi che lanciamo un appello ai nostri parlamentari locali. Molti di questi sono tornati a confrontarsi con i cittadini, con le categorie economiche, con il territorio che vivono. Devono tornare a portare la realtà nei luoghi della politica. Erano spariti anni fa, ma ora stanno tornando a dialogare con noi. Chiediamo che questo rapporto sia rafforzato, perché solo così uno Stato può crescere nel migliore dei modi e può essere rappresentato e rappresentante.
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