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Danni alle imprese
25.01.2025 - 09:37
Foto di repertorio
Gli imprenditori del Veneto stanno vivendo una fase di crescente preoccupazione, segnata non solo dall'introduzione di possibili dazi imposti dall'amministrazione Trump, ma soprattutto dall'aumento dei costi energetici che rischiano di infliggere un duro colpo al sistema economico regionale. Se i prezzi del gas dovessero stabilizzarsi sui 50 euro per MWh, l'Ufficio studi della CGIA prevede un aggravio complessivo di 1,5 miliardi di euro. Inoltre, la combinazione di queste difficoltà economiche potrebbe spingere l'economia veneta verso una temuta stagflazione, una condizione in cui l'inflazione alta e la crescita zero minacciano la stabilità economica.
Sebbene non sia ancora chiaro quanto i dazi sulle esportazioni imposti dagli Stati Uniti penalizzeranno le vendite venete, la preoccupazione è alta. Gli Stati Uniti rappresentano infatti il terzo mercato di destinazione per le esportazioni venete, con un valore che nel 2023 ha raggiunto i 7,5 miliardi di euro, pari al 9,1% del totale delle esportazioni regionali. Macchinari, occhialeria, prodotti farmaceutici e alimentari sono tra i settori più colpiti. Tuttavia, gli imprenditori temono che l'aumento dei costi energetici possa avere effetti ancor più devastanti rispetto ai dazi, considerato che il gas e l'elettricità sono destinati a salire ulteriormente.
Per il 2025, l'ufficio studi della CGIA stima un incremento di circa 1,5 miliardi di euro nel costo delle bollette per le imprese venete, portando la spesa totale a 9,5 miliardi di euro. Di questi, 7,1 miliardi riguardano l'energia elettrica, mentre 2,4 miliardi sono legati al gas. Questo scenario si basa su previsioni che vedono un prezzo medio dell'energia elettrica a 150 euro per MWh e del gas a 50 euro per MWh. Se i consumi restano invariati rispetto al 2023, questo pesante aumento rischia di compromettere la competitività delle aziende locali.
La combinazione dell'aumento dei costi energetici e dei possibili dazi potrebbe avere un impatto pesante sui bilanci di famiglie e imprese, portando a un rallentamento generale dell'economia veneta. Il rischio di stagflazione, cioè di una bassa crescita del PIL accompagnata da alta inflazione, è una preoccupazione concreta. L'aumento dei prezzi dell'energia potrebbe riattivare spirali inflazionistiche simili a quelle viste nei primi anni post-Covid, che avevano già eroso il potere d'acquisto di lavoratori e pensionati. L'aggravarsi di questa crisi, unita all'incertezza politica internazionale, potrebbe innescare un ciclo negativo che danneggerebbe ulteriormente l'economia della regione.
Per evitare scenari catastrofici, è necessario agire su più fronti. In primo luogo, sarebbe fondamentale evitare un ulteriore crollo dei consumi interni, che potrebbe essere aggravato da una nuova ondata inflazionistica. A livello europeo, l'introduzione di un tetto al prezzo del gas potrebbe essere una misura efficace per limitare la speculazione. Inoltre, l'Italia deve sfruttare al meglio le risorse del PNRR, con 130 miliardi di euro ancora disponibili da investire entro il 2026. Un utilizzo efficace di questi fondi potrebbe aumentare il PIL e aiutare l'economia a superare le sfide del momento. Secondo la BCE, l'impiego di questi fondi potrebbe portare a una crescita del PIL dell'1,9% entro il 2026, un passo fondamentale per contrastare la recessione.
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