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Il processo Miteni

Al via le fasi finali del processo Miteni: al vaglio il disastro ambientale dei PFAS

Il caso di inquinamento da PFAS in Veneto coinvolge Miteni e i suoi manager: Greenpeace parte civile e appello per il risarcimento delle vittime

acqua

Foto di repertorio

A Vicenza è iniziato il processo che potrebbe segnare una svolta storica nella battaglia contro uno dei più gravi disastri ambientali d’Italia: l’inquinamento da PFAS, causato dalla Miteni, azienda chimica di Trissino. Il processo coinvolge alcuni manager della Miteni accusati di aver causato una contaminazione che ha danneggiato la salute di 350.000 persone in Veneto. Greenpeace è parte civile insieme a molte altre organizzazioni e cittadini, sperando che il verdetto costituisca un precedente per la lotta contro questi inquinanti “eterni”, che non si decompongono nell’ambiente e sono dannosi per la salute umana.

Nel 2013, grazie a un’indagine del CNR-IRSA, venne scoperta la contaminazione da PFAS nelle province di Vicenza, Verona e Padova, a causa degli sversamenti della Miteni, che ha prodotto per più di 50 anni queste sostanze. Le accuse ai dirigenti dell'azienda sono gravi, e se confermate, potrebbero obbligare la Miteni a coprire i costi delle bonifiche e risarcire le vittime.

La mobilitazione della comunità è forte, e il 7 febbraio si terrà un sit-in davanti al tribunale vicentino, con l’obiettivo di chiedere giustizia e il rispetto del principio “chi inquina paga”. Greenpeace, insieme ai comitati locali, continua a chiedere non solo risarcimenti, ma anche interventi urgenti per risolvere il problema della contaminazione e garantire acqua e cibo sicuri per tutti.

Il caso Miteni ha messo in luce i pericoli dei PFAS, che si accumulano nel corpo umano, causando malformazioni, malattie autoimmuni e cancro. Greenpeace ha recentemente monitorato l’acqua potabile di 235 città italiane, rilevando PFAS nel 79% dei campioni. Questo dimostra quanto il problema sia diffuso, ma anche quanto scarsi siano i controlli in Italia.

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