Nell'ottica della Cgil, il ddl Calderoli, se approvato dal Parlamento, metterebbe a rischio le condizioni di vita e di lavoro degli italiani. La soluzione non sarebbe un nuovo centralismo regionale, ma un vero federalismo che valorizzi il ruolo degli enti locali. "In un confronto che ha visto protagonisti lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti, pensionate e pensionati - ha dichiarato Tiziana Basso, segretaria generale Cgil Veneto - abbiamo ribadito che l'Autonomia differenziata indebolisce la struttura produttiva anche del Nord del Paese e le condizioni di chi, per vivere, ha bisogno di lavorare. Senza rilanciare la domanda nazionale interna, l'export non sarà sufficiente a favorire una crescita economica solida e duratura, soprattutto in una fase storica come questa. La guerra, la conseguente crisi energetica, la recessione della Germania ci impongono una riflessione: non è separando il destino delle nostre regioni dal resto dell'Italia che riusciremo a preparare tempi migliori, serve semmai una strategia industriale unitaria e politiche comuni europee per superare le difficoltà di questo momento".Alessandro Pagano, segretario generale Cgil Lombardia, ha sottolineato: “L'iniziativa che abbiamo organizzato oggi è importantissima per rafforzare il messaggio che come Cgil, in grande solitudine, portiamo avanti da anni in Lombardia e nel paese. Abbiamo intenzione di continuare a contrastare qualsiasi progetto che determini la crescita delle diseguaglianze e dell'ingiustizia sociale. La proposta di Autonomia non solo è emblematica di questo tipo di scelta politica ma addirittura investe sulla disgregazione dell'universalità dei diritti: salute, istruzione, occupazione e reddito, mobilità, casa. Coinvolgeremo la società reale in una battaglia fondamentale per la coesione del Paese e di tutte coloro che in esso vivono, a partire proprio dall'applicazione reale delle prerogative garantite a tutte e tutti dalla Costituzione repubblicana antifascista”. Per Massimo Bussandri, segretario generale Cgil Emilia Romagna, siamo di fronte a “una riforma che, letta in combinazione con il disegno presidenzialista o di premierato forte, rappresenta il più clamoroso tentativo messo in atto da un Governo dal Dopoguerra ad oggi di affossare la Costituzione repubblicana e i suoi principi fondativi. L’Autonomia differenziata rompe innanzitutto la coesione geografica e sociale del Paese ma, diversamente da quel che fa credere una narrazione fin troppo diffusa, non è tanto la secessione mascherata delle regioni del Nord dove si concentrano i più elevati livelli di reddito medio, è piuttosto la secessione civile e fiscale dei ricchi di quelle regioni, che allargherà le disuguaglianze anche in Emilia - Romagna, in Veneto o in Lombardia e nulla di buono porterà ai lavoratori e ai pensionati che noi rappresentiamo. Perché l’effetto ultimo di quel progetto sarà lo smantellamento del perimetro pubblico del Paese, a partire da scuola e sanità, che non potranno reggere alle pressioni del mercato una volta che, a livello nazionale, si è rotto il principio solidaristico e universalistico. Mai come in questo caso, una riforma istituzionale nasconde in realtà una riforma sociale regressiva”.
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