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21.04.2022 - 14:09
Nicoletta Morbioli, provveditrice agli studi di Vicenza
Meno studenti vicentini nelle aule specie delle elementari. Si affidano sempre più all’istruzione parentale. L’allarme è lanciato da Nicoletta Morbioli, provveditrice agli studi di Vicenza fresca di nomina, che segnala dati in forte crescita dal 2018 ad oggi. Morbioli, già insegnante e dirigente scolastica veronese, a 51 anni ha iniziato questa nuova esperienza professionale. È alla guida del provveditorato dal 14 febbraio ma i problemi da affrontare non mancano.
Dati alla mano, per l’anno scolastico 2018-19 gli studenti che non hanno frequentato le lezioni, dall’asilo alle superiori, sono stati 79 in tutta la provincia. Due anni scolastici più tardi, dopo una pandemia e le restrizioni che ne sono conseguite, i disertori sono stati 447: quasi sei volte di più.
Ma come funziona l’istruzione parentale? Per attivarla va comunicato agli uffici della provincia e all’istituto di appartenenza che il proprio figlio non parteciperà alle lezioni per quel singolo anno scolastico e la comunicazione va data all’inizio di ogni anno. Per poter accedere all’anno successivo bisogna comunque superare un esame alla fine di ogni anno e la maturità si consegue come qualunque altro studente, iscrivendosi ad un istituto superiore e svolgendo le prove d’esame da privatista. “Le giustificazioni che la maggior parte delle famiglie portano per tenere a casa i propri figli alle aule – spiega Morbioli – sono legate alle restrizioni dovute alla pandemia con le quali i genitori non concordano oppure alle opinioni personali in merito al carico di studio e alle ore ritenuti eccessivi”.
Tuttavia, per rimuovere il proprio figlio da un’aula scolastica non è sufficiente comunicare le proprie intenzioni alle istituzioni. Le famiglie dovrebbero dimostrare di possedere i mezzi culturali ed economici basilari per istruire il ragazzo. Questi controlli però sono a discrezione dei dirigenti scolastici e quando li operano, si limitano a chiedere ad un genitore un diploma di maturità. “Per quanto riguarda i mezzi economici - prosegue il provveditore - non c’è verso di poter accedere alle dichiarazioni dei redditi di queste famiglie. Questo significa che non si tratta nemmeno di una richiesta di rimozione del figlio dalla scuola: è una comunicazione e basta”.
L’istruzione parentale si chiama così perché teoricamente dovrebbe essere presa in carico dai genitori dello studente ma ultimamente questo sembra non accadere. Morbioli rivela infatti che molti degli studenti sottratti alle scuole non studiano a casa. Le famiglie li affidano, pagando, ad associazioni si definiscono scuole ma che scuole non sono. Anche in questo caso la provveditrice ha da ridire: “Per poter essere definiti scuole bisognerebbe aver richiesto e ottenuto i permessi all’ufficio scolastico regionale, essere stati attentamente valutati secondo gli standard e, infine, autorizzati. Un’associazione non è una scuola”. Inoltre, come e cosa venga insegnato all’interno di queste associazioni non è ancora chiaro. Per questo motivo il provveditore sta cercando di avviare le investigazioni della sua amministrazione nel tentativo di arginare la diffusione del fenomeno e, possibilmente, ridurlo.
Morbioli, almeno per i tre anni di mandato, prende il posto di Carlo Alberto Formaggio alla direzione e al coordinamento delle scuole di tutta la provincia. Il mandato del nuovo provveditore di Vicenza inizia però con una sfida importante: riportare quanti più alunni nelle aule delle scuole, quelle vere però.
Roberto Meneghini
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