La ricerca del centro studi della Cisl: su 20mila assunti in meno nel 2020, ottomila sono i giovani

Le cifre parlano chiaro. Su dieci vicentini che sono disoccupati, quattro sono giovani dai 18 ai 29 anni. E, tra quelli assunti, solo un giovane su dieci ha un contratto a tempo indeterminato. Le cifre sono quelle messe nero su bianco da Francesco Peron e Stefano Dal Pra Caputo, anima del rinato centro studi della Cisl, voluto dal segretario generale Raffaele Consiglio. I due ricercatori hanno condotto un approfondito esame sull’occupazione giovanile nella provincia di Vicenza in rapporto al covid. Hanno studiato i dati degli ultimi anni, ma anche quelli dal 2004 in qua per focalizzare le tendenze. Le loro conclusioni sono disperanti. Vediamo alcuni dati: delle 20 mila (esattamente 19.585) assunzioni in meno nella provincia di Vicenza nel 2020, ottomila (esattamente 7.640) sono di giovani. Cioè il 40%. Non basta: rispetto al 2018 il dato è ancora più pesante, perché nel 2020 ci sono stati 13.400 giovani assunti in meno.
Nella foto, Stefano Dal Pra Caputo.
Soltanto il dieci per cento dei giovani assunti nel 2020 ha un contratto a tempo indeterminato: nel 2009 erano il doppio.
Francesco Peron
La curva dell’occupazione giovanile piega inesorabilmente all’ingiù. Spiegato con il linguaggio delle percentuali, il dato diventa ancora più tragicamente chiaro: rispetto all’anno precedente, cioè il 2019, nel 2020 c’è un quinto di giovani assunti in meno (esattamente il dato è -18.2%). E non basta, perché le serie storiche dimostrano – per usare le parole di Peron & Dal Pra - che nel corso degli anni sempre più i giovani vengono assunti con contratti
meno stabili rispetto a quelli a tempo indeterminato. Questa è una tendenza generale, certo, ma anche in questo caso è proprio per gli under trenta che il cambiamento è più forte e l’insicurezza aumenta. Vale a dire che se il contratto a tempo indeterminato è sempre meno utilizzato, come dimostrano i grafici in discesa da dieci anni in qua, vuol dire che un giovane avrà ancor meno possibilità di essere assunto con questo tipo di contratto in futuro. La crisi attualmente è già forte e ampia – puntualizzano i due ricercatori – ma sappiamo dalle precedenti crisi che ci vogliono molti anni perché i giovani recuperino il gap rispetto ad altre fasce d’età.
"C'è una generazione che rischia di restare fuori dal mercato del lavoro, perché se non interveniamo quando l'economia ripartità questi giovani saranno sostituiti da altri più giovani"

Confrontando le serie storiche – dal 2008 al 2020, su dati di Veneto lavoro – appare chiaro anche la tendenza generale al peggioramento delle condizioni di lavoro per i giovani. Nel 2008 apprendistato e tempo indeterminato coprivano il 40% circa dei contratti per i giovani, tenendo conto che il contratto di apprendistato è, di solito, la via per essere confermati a tempo indeterminato. Nel 2020 questa fascia si è assottigliata al 25%, cioè s’è ridotta quasi alla metà. Viceversa, l’utilizzo del contratto a tempo determinato che rappresentava il 35% nel 2008, prima della crisi indotta dai mutui subprime nel mondo, adesso s’è dilatato fino al 46%. Ha mangiato le percentuali perse dagli altri tipi di contratto che abbiamo visto prima.
Nell'immagine, il grafico dell'andamento delle assunzioni di giovani under 30. 
Guardiamo un altro grafico che questa volta prende in considerazione l’occupazione complessiva nella provincia di Vicenza e la raffronta con quella giovanile. I dati sono considerati dal 2004 al 2019. Si vede chiaramente che i giovani 18-29 anni hanno una percentuale di occupati superiore (72% rispetto al 66%). Mentre la seconda, cioè la percentuale totale degli occupat ha un andamento sostanzialmente lineare, con alti e bassi contenuti, l’occupazione giovanile è in netto calo dal 2005 in poi e resta sempre sotto l’altra curva. Non riesce più ad emergere. L’ultimo dato, quello del 2019, parla di un 54% di giovani occupati contro un 68% del dato generale.
Nella foto, l'andamento dell'occupazione in provincia di Vicenza per fasce d'età. È questo, dunque, un quadro già preoccupante di per sé, che la situazione del covid ha peggiorato. Raffaele Consiglio fa tre considerazioni, comunque allarmanti. La prima. Soltanto un giovane su dieci ha un contratto a tempo indeterminato, e in futuro sarà peggio. La seconda. Se una generazione resta fuori dal mercato del lavoro, come sta accadendo per questa, rischia di rimanere fuori per sempre, perché quando l’occupazione riprendere a crescere i giovani di oggi saranno sostituiti da altri più giovani di loro. La terza. Le prime quattro fasce che assumono giovani sono: ricettività e ristorazione, commercio, servizi di informazione e comunicazione, servizi alle imprese, noleggi, agenzie. Bene, ma questi settori non sono quelli forti del nostro territorio che è composto in gran parte, almeno i 60%, da industria manifatturiera. Quindi, i giovani in massima parte non entrano nel tessuto economico del Vicentino.
Consiglio: "Investire il recovery fund nel manifatturiero, per creare start up e ricerca che portino occupazione giovanile"
La terza considerazione. Il settore manifatturiero non è nell’orizzonte dei giovani, che scelgono di andare al liceo e non agli istituti tecnici. Viceversa, in questo settore è difficile vedere ricerca e start up. L’ampliamento di assunzioni s’è visto nella chimica, per esempio (Fis e Zambon, soprattutto),

Che fare? Raffaele Consiglio indica tre strade da percorrere: politiche attive, che vuol dire indirizzare i fondi de Recovery fund al settore manifatturiero, indirizzare giovani verso scuole tecniche, formazione continua. “È vero che dalla crisi del 2008 ci sono voluti dieci anni per recuperare i valori pre-crisi. Ma questa volta, nella crisi del 2020 ci sarà l’utilizzo del Recovery Fund che dovrebbe aiutare i lavori nuovi e giovani. Se spesi bene questi fondi dovrebbero aiutare il mercato del lavoro giovanile”. Prosegue Consiglio: “I soldi del recovery fund devono essere investiti nel rilancio del settore manifatturiero, per spingere la ricerca, le start up e quindi assumere giovani.
Nella foto, Raffaele Consiglio, segretario generale della Cisl.
"Indirizzare i giovani a frequentare gli Its, le scuole tecniche. Come fanno in Germania. Perché a Vicenza i giovani non sono assunti nel manifatturiero, che resta invece la forza della nostra economia locale"
C’è anche un problema di domanda, è vero: i giovani vogliono frequentare i licei e non le scuole tecniche. E qui bisogna lavorare e indirizzarli verso gli Its. In Germania non è come in Italia, non c’è un senso di inferiorità a frequentare una scuola tecnica e anche da questo deriva la forza della loro economia. Comunque gli investimenti del recovery serviranno a rendere innovativi i settori, quindi più attrattivi per i giovani che, infine, troveranno maggiori posti e assunzioni”.
(a.d.l.)