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15.03.2021 - 14:38
Stefano Dal Pra Caputo, dell'ufficio studi della Cisl
Le cifre parlano chiaro. Su dieci vicentini che sono disoccupati, quattro sono giovani dai 18 ai 29 anni. E, tra quelli assunti, solo un giovane su dieci ha un contratto a tempo indeterminato. Le cifre sono quelle messe nero su bianco da Francesco Peron e Stefano Dal Pra Caputo, anima del rinato centro studi della Cisl, voluto dal segretario generale Raffaele Consiglio. I due ricercatori hanno condotto un approfondito esame sull’occupazione giovanile nella provincia di Vicenza in rapporto al covid. Hanno studiato i dati degli ultimi anni, ma anche quelli dal 2004 in qua per focalizzare le tendenze. Le loro conclusioni sono disperanti. Vediamo alcuni dati: delle 20 mila (esattamente 19.585) assunzioni in meno nella provincia di Vicenza nel 2020, ottomila (esattamente 7.640) sono di giovani. Cioè il 40%. Non basta: rispetto al 2018 il dato è ancora più pesante, perché nel 2020 ci sono stati 13.400 giovani assunti in meno. Nella foto, Stefano Dal Pra Caputo.
Francesco Peron
Confrontando le serie storiche – dal 2008 al 2020, su dati di Veneto lavoro – appare chiaro anche la tendenza generale al peggioramento delle condizioni di lavoro per i giovani. Nel 2008 apprendistato e tempo indeterminato coprivano il 40% circa dei contratti per i giovani, tenendo conto che il contratto di apprendistato è, di solito, la via per essere confermati a tempo indeterminato. Nel 2020 questa fascia si è assottigliata al 25%, cioè s’è ridotta quasi alla metà. Viceversa, l’utilizzo del contratto a tempo determinato che rappresentava il 35% nel 2008, prima della crisi indotta dai mutui subprime nel mondo, adesso s’è dilatato fino al 46%. Ha mangiato le percentuali perse dagli altri tipi di contratto che abbiamo visto prima. Nell'immagine, il grafico dell'andamento delle assunzioni di giovani under 30.
Guardiamo un altro grafico che questa volta prende in considerazione l’occupazione complessiva nella provincia di Vicenza e la raffronta con quella giovanile. I dati sono considerati dal 2004 al 2019. Si vede chiaramente che i giovani 18-29 anni hanno una percentuale di occupati superiore (72% rispetto al 66%). Mentre la seconda, cioè la percentuale totale degli occupat ha un andamento sostanzialmente lineare, con alti e bassi contenuti, l’occupazione giovanile è in netto calo dal 2005 in poi e resta sempre sotto l’altra curva. Non riesce più ad emergere. L’ultimo dato, quello del 2019, parla di un 54% di giovani occupati contro un 68% del dato generale. Nella foto, l'andamento dell'occupazione in provincia di Vicenza per fasce d'età. È questo, dunque, un quadro già preoccupante di per sé, che la situazione del covid ha peggiorato. Raffaele Consiglio fa tre considerazioni, comunque allarmanti. La prima. Soltanto un giovane su dieci ha un contratto a tempo indeterminato, e in futuro sarà peggio. La seconda. Se una generazione resta fuori dal mercato del lavoro, come sta accadendo per questa, rischia di rimanere fuori per sempre, perché quando l’occupazione riprendere a crescere i giovani di oggi saranno sostituiti da altri più giovani di loro. La terza. Le prime quattro fasce che assumono giovani sono: ricettività e ristorazione, commercio, servizi di informazione e comunicazione, servizi alle imprese, noleggi, agenzie. Bene, ma questi settori non sono quelli forti del nostro territorio che è composto in gran parte, almeno i 60%, da industria manifatturiera. Quindi, i giovani in massima parte non entrano nel tessuto economico del Vicentino.
Che fare? Raffaele Consiglio indica tre strade da percorrere: politiche attive, che vuol dire indirizzare i fondi de Recovery fund al settore manifatturiero, indirizzare giovani verso scuole tecniche, formazione continua. “È vero che dalla crisi del 2008 ci sono voluti dieci anni per recuperare i valori pre-crisi. Ma questa volta, nella crisi del 2020 ci sarà l’utilizzo del Recovery Fund che dovrebbe aiutare i lavori nuovi e giovani. Se spesi bene questi fondi dovrebbero aiutare il mercato del lavoro giovanile”. Prosegue Consiglio: “I soldi del recovery fund devono essere investiti nel rilancio del settore manifatturiero, per spingere la ricerca, le start up e quindi assumere giovani. Nella foto, Raffaele Consiglio, segretario generale della Cisl.
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