venerdì, 26 Aprile 2024
HomeVenetoAttualitàNatale e tradizioni, il ruolo delle associazioni di volontariato

Natale e tradizioni, il ruolo delle associazioni di volontariato

Tempo di lettura: 3 minuti circa

volontariatoE’ forte in questi giorni la discussione sulla cultura cattolica dell’Italia e sulle tradizioni ad essa connesse. Un dibattito inutile se rimarrà solo l’oggetto del campo di battaglia tra chi difende il presepe e chi, invece, difende la laicità dello Stato nelle scuole. Per la cultura cattolica il Natale si fonda sulla nascita di un bambino, in una stalla-grotta, perché non c’era posto per lui e sua madre altrove. Se tutti noi ci ricordassimo questo forse saremmo mossi maggiormente da solidarietà e misericordia, tema cardine del Giubileo. Lo sanno bene le associazioni di volontariato che lavorano proprio con mamme e bambini, una su tutte Medici Con l’Africa Cuamm che da quattro anni impegna i suoi volontari nel programma “Prima le mamme e i bambini”, volto a ridurre la mortalità materna e neonatale garantendo l’accesso gratuito al parto sicuro e la cura del neonato, attraverso servizi di qualità. Il progetto è ormai in avanzata fase di realizzazione e interessa 4 ospedali e 22 centri di salute periferici in 4 distretti di 4 Paesi africani: Angola, Etiopia, Tanzania, Uganda. Si rivolge a una popolazione di 1.300.000 abitanti con l’obiettivo di raddoppiare in cinque anni il numero dei parti assistiti, arrivando progressivamente a 125.000 parti negli ospedali e nei distretti di riferimento.

La Testimonianza: “Qui all’ospedale di Chiulo, – racconta Andrea Pietravalle, uno specialista in Pediatria e Neonatologia che attualmente lavora per il Cuamm in Angola – il lavoro è tanto…sai quando si comincia ma non quando si fi nisce. La mia giornata ha inizio con il giro visite in reparto ma subito dopo si passa all’ “unità speciale di nutrizione” dove mi attendono i piccoli malnutriti che, superata la fase critica, aspettano di recuperare peso ed energie per poter tornare a casa. Il bambino malnutrito grave è sicuramente quello che mi dà più filo da torcere, perché è sempre in un equilibrio instabile e c’è il rischio che muti rapidamente in peggio. Per fortuna, però, tutte le mie preoccupazioni cadono quando mi imbatto in storie come quella di “Thickua Lukele” (letteralmente “Cosa di poco valore”), un bimbo malnutrito che la mamma ha chiamato così quasi per scaramanzia perché tutti gli altri fi gli sono già morti. Mi guarda imbronciato, mi sorride e tutto passa in secondo piano… paure, dispiaceri e notti insonni passate a vegliarlo. Terminato il giro in malnutrizione, si corre a visitare in ambulatorio dove una gran moltitudine di bambini attende fiduciosa. Nel pomeriggio, dopo un pasto veloce, si torna in reparto per controllare i risultati delle analisi e per rivalutare i pazienti più gravi, mentre il walkie tolkie è sempre al mio fianco pronto a squillare in caso di emergenza. Per quel che riguarda la cura del neonato, il lavoro da fare è tanto ma come neonatologo sono fi ducioso che nell’arco di un anno si possano gradualmente introdurre quei cambiamenti necessari a migliorare la qualità della assistenza. Già in questi primi mesi di lavoro siamo riusciti ad ottenere alcune piccole conquiste come l’introduzione della profilassi con vitamina K per tutti i nuovi nati e l’educazione delle mamme in dimissione affinché imparino a riconoscere i segnali di pericolo per i loro bambini. La strada da percorrere è lunga e non priva di ostacoli ma, cercando di mantenere sempre il giusto atteggiamento, sono sicuro che molto di buono si potrà fare”.

Un bilancio positivo Grazie al lavoro di medici, ostetrici e infermieri specializzati in 4 anni il progetto ha prodotto grandi frutti: 102.147 i parti assistiti nei quattro ospedali interessati dal progetto e nei territori di riferimento, per un totale 204.294 mamme e bambini assistiti nel momento del parto; 236.661 le visite prenatali effettuate, a Chiulo in Angola, a Tosamaganga in Tanzania, a Wolisso in Etiopia e ad Aber in Uganda. “Sono dati importanti, che confermano la nostra scelta di prenderci cura delle donne e dei bambini, la fasce più deboli della popolazione – ha detto don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm -. Lo facciamo, con un impegno quotidiano, insieme a tanti compagni di strada che continuano a credere in noi. Siamo profondamente convinti che si bisogna coltivare il sogno di credere profondamente nella vita. Solo così, possiamo sperare che il nostro mondo possa essere culla di vita e di gioia”.

 

di
Germana Urbani

Le più lette