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“Le mie ragazze di carta”: il polesano Christian Mancin al debutto sul grande schermo

Christian Mancin(1)

Il nuovo film del regista Luca Lucini è arrivato nelle sale cinematografiche nelle scorse settimane

Il polesano Christian Mancin è coprotagonista de “Le mie ragazze di carta”, il nuovo film del regista Luca Lucini, nelle sale cinematografiche da giovedì 13 luglio. Per il giovane attore adriese, classe 2007, si tratta del debutto sul grande schermo, dopo aver recitato nella fiction “Non mi lasciare”, in prima serata su Rai Uno. Christian è supportato nel suo percorso artistico professionale dal Centro Mira Project, agenzia specializzata in gestione attori e scouting, che si occupa anche di produzione e formazione in ambito teatrale, televisivo e cinematografico. (Continua dopo la gallery...) “Le mie ragazze di carta” racconta, con i toni della commedia, due momenti decisivi della vita di tre adolescenti: il passaggio dalla pubertà alla preadolescenza, vissuto tra primi amori e partite di rugby, e quello dal mondo della campagna al mondo della città. Siamo alla fine degli anni ‘70, nel trevigiano, in un periodo in cui la rapida espansione delle città investe anche la famiglia Bottacin, composta da Primo, Anna e Tiberio. Per loro, e in particolare per il giovane Tiberio, il cambiamento dalla vita contadina a un contesto urbano sarà piuttosto tumultuoso. Il racconto di un periodo storico di grandi trasformazioni sociali ed economiche, in cui anche le sale cinematografiche, luoghi tipici di fruizione comunitaria, dovettero ripiegare verso una programmazione a luci rosse per evitare il fallimento. Christian Mancin interpreta Giacomo, figlio di un uomo vedovo, interpretato da Giuseppe Zeno, che gestisce un cinema a luci rosse. Il personaggio ricorda Lucignolo in Pinocchio: un ragazzo disadattato che si autodefinisce anarchico. Diventerà il migliore amico del protagonista e gli farà da mentore sulla vita da adolescenti negli anni ‘70. “Credo – afferma il regista Luca Lucini –  che il passaggio dalla pubertà alla preadolescenza, capire che nel mondo non ci sono solo pallone da calcio e soldatini, iniziare a vedere le compagne di classe sotto una luce molto diversa, svegliarsi con delle strane sensazioni sotto le coperte, insomma perdere l’innocenza, sia per noi maschietti un periodo memorabile, e si lega a delle sensazioni fortissime che allo stesso tempo, nel ricordo, si trasformano in tenere e poetiche. In un paese cattolico come il nostro, nei primi anni ’80, nella laboriosa provincia del nord italiano, la storia della perdita di innocenza ed ingenuità dei nostri due protagonisti si mescola quasi in simbiosi con i tratti di un paese intero che allo stesso modo non sarà più lo stesso, una perdita di innocenza diversa, ma forse anch’essa inevitabile. La parabola del cinema che, per evitare il fallimento, è costretto a modernizzarsi è metafora e forse involontaria premessa di un qualcosa che verrà”. Giacomo Capovilla
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