Con l’arrivo della stagione estiva si presenta la questione “turismo” e con essa anche il lamento degli imprenditori del turismo: non per la mancanza di vacanzieri, ma per la carenza di personale
Durante la pandemia da Covid-19, il settore ha subito un crollo verticale delle attività soprattutto a causa della limitazione degli spostamenti. Fortunatamente la ripresa, iniziata nel 2021, si è rafforzata notevolmente nell’ultimo anno. Secondo i dati Istat, ancora provvisori, del 2022, l’incremento delle presenze è stato pari a +39,9% rispetto al 2021; a dare un grande contributo sono stati in particolare il recupero del turismo inbound, ovvero la clientela residente all’estero, nonché quella maggiormente colpito dalla pandemia, e la resilienza della stagione estiva. Tuttavia, rispetto al 2019, il bilancio consuntivo del 2022 fa registrare un numero di presenze inferiore (circa 34 milioni di unità) e un saldo pari a -7,8%. Nel confronto con gli altri paesi dell’UE, l’Italia si conferma al quarto posto per numero di presenze nel 2022 (il 14,5% di quelle registrate nell’intera Ue in quell’anno), dopo Spagna (16,6%), Francia (16,3%) e Germania (14,7%). Per numero di presenze straniere, l’Italia si colloca al secondo posto dopo la Spagna. È inoltre emerso che la “riconoscibilità” di un territorio ha favorito la ripresa dell’attività turistica determinando, solitamente, una performance migliore di quella nazionale: il Lago di Garda, la Valle d'Itria, le Langhe e il Roero, le Cinque Terre, il Salento, la Maremma toscana e laziale, la Val Gardena, il Lago Maggiore e il Gargano e le Isole Tremiti si posizionano su livelli superiori a quelli del periodo pre-pandemico, con incrementi che si attestano tra i 2 e i 6 punti percentuali; territori come la Riviera dei Fiori, la Val di Fassa e Val di Fiemme, il Lago di Como e la Val Pusteria confermano sostanzialmente i flussi turistici registrati nel 2019. Rispetto al 2021, ad aver registrato un tasso di crescita superiore alla media vi sono: la Gallura e Costa Smeralda, la Costiera amalfitana, il Chianti e la Costiera sorrentina e Capri. Ad avere il maggior numero di incrementi sono però i comuni con vocazione montana e con turismo termale (rispettivamente +46,8% e +43,2%). A suscitare particolare interesse, è il segmento turistico dei borghi. Facendo riferimento ai “350 borghi più belli d’Italia”, le presenze del 2022 superano i livelli pre-pandemici del 2019, con un incremento del +13,7% delle presenze. Dai dati provvisori del bisemestre gennaio-febbraio, risulta una definitiva ripresa del settore (+45,5% le presenze rispetto alle presenze dello stesso bisemestre dell’anno 2022), in particolare con +70,5% delle presenze straniere e +28,8% di quelle domestiche. Con un andamento uguale nel corso del 2023, sarà possibile registrare un pieno recupero, e persino il superamento, dei livelli pre-pandemici. A destare preoccupazione, vi è però la mancanza di manodopera. A questo proposito, la titolare del Ministero del Turismo, Daniela Santanchè, fa discendere la proposta: “Raddoppiare il salario di chi lavora di notte o nei festivi” (“il Sole-24 Ore”, 27 maggio). Beninteso, l'aumento non sarebbe a carico degli imprenditori, ma ottenuto con “forme di decontribuzione ad hoc”, vale a dire pagato con le tasse dei lavoratori dipendenti. Ci siamo soffermati sul settore turistico perché è sintomatico di una situazione più vasta. Uno studio del sindacato europeo CES in 22 paesi del continente registra che le attività con “maggiori difficoltà ad assumere lavoratori hanno pagato in media il 9% in meno rispetto a quelle meno colpite dalla carenza di manodopera”. In Italia il divario sale al 23%, oltre 4 euro l'ora, il massimo tra tutti i paesi esaminati. Il tema dei salari e della mancanza di manodopera è entrato nelle ultime “Considerazioni finali” del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che lo ha inserito in un quadro di dimensioni strategiche perche legato alle tendenze demografiche che segneranno i prossimi anni e decenni. L’analisi delle condizioni dei lavoratori si fa puntuale: la quota di chi guadagna meno del 60% salario mediano è cresciuta al 30%, dal 25% di fine secolo; lavoro temporaneo e parziale e forme atipiche hanno abbassato i redditi e aumentato la precarietà, soprattutto per i giovani. Tutto questo, si diceva, inserito nelle prospettive demografiche: in soli tre anni, dal 2019, la popolazione in età da lavoro (15-64 anni) è diminuita di 800mila unità ed entro il 2040 a mancare saranno oltre 6 milioni. La ricerca di come ovviare a queste carenze ripercorre strade già sentite e viste: alzare l’età pensionabile, aumentare i tassi di attività di giovani e donne. Ma alla fine il nodo non può essere scansato: “un aumento del saldo migratorio”; anche perché “un recupero della natalità, per quanto auspicabile, rafforzerebbe l’offerta di lavoro solo nel lunghissimo periodo”. Giulia Sciarrotta
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