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In Italia in oltre 4 milioni rinunciano alle cure per difficoltà economiche: fenomeno in continua crescita anche in Veneto

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Secondo gli ultimi dati Istat, il problema della rinuncia alle cure riguarda una fetta importante della popolazione italiana.

L’ultimo report dell’Agenas sull’andamento degli introiti dai ticket sanitari dal 2018 al 2022, evidenzia una contrazione del 22% dei ricavi a livello nazionale rispetto al 2018. I ricavi da ticket nel 2022 ammontano a circa 1 miliardo di euro. Una notevole contrazione a causa del Covid si è registrata nell’anno 2020 (-39% rispetto all’anno precedente). Nel 2021 e 2022 si osserva una lenta ripresa, ma nel 2022 il valore complessivo è ancora molto inferiore rispetto al 2018 (-22%), con punte di -36% nel Lazio e -32% nella Sicilia. Il Molise è l’unica Regione in cui si rileva un trend opposto (+10%) . La rinuncia a visite o accertamenti specialistici, per problemi di liste di attesa, riguarda infatti circa 2 milioni di persone, pari al 3,3% dell’intera popolazione. Le stime peggiorano sensibilmente quando si tratta di rinuncia alle cure per ragioni di carattere economico, che riguarda oltre 4 milioni di persone, pari al 6,8% della popolazione. Da un’indagine di giugno 2023, promossa dalle organizzazioni sindacali dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil, sulle liste d’attesa in Veneto, emerge che su un campione di oltre tre mila persone, il 69% non è riuscito a prenotare in tempi utili la visita medica specialistica o l’esame diagnostico prescritto dal medico di famiglia. Di questi il 77% aveva una classe di priorità inferiore a 30 giorni. Le maggiori difficoltà sono state riscontrate nel prenotare presso l’USSL 4 Veneto Orientale con 81%, mentre l’USSL 1 Dolomiti è risultato essere l’ente con i risultati migliori. I risultati del questionario dimostrano quanto il problema delle liste d’attesa sia diffuso e sentito, e confermano purtroppo i nostri timori”, commentano Elena Di Gregorio (Spi Cgil), Tina Cupani (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp), “le liste d’attesa rappresentano una delle più rilevanti criticità del sistema sanitario regionale, aggravata ovviamente dai ritardi accumulati a causa della pandemia. Prendiamo atto che nell’incontro del 26 giugno, per la prima volta la Regione ha ammesso che il problema c’è ed è molto complesso. Come prendiamo atto che la Regione ci dice che sono oggi a buon punto con lo smaltimento delle prestazioni più urgenti, fino a 10 giorni, mentre da settembre parte il piano di recupero delle altre. La cosa più allarmante è che alcuni, per i tempi e per i costi, rinunciano direttamente alla prestazione sanitaria, con conseguenze che possono essere a volte letali”. A confermare questo disagio in Veneto è la presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali del Veneto, Mirella Zambello: “Gli assistenti sociali che lavorano nei comuni ci riferiscono di casi crescenti in questo senso, con persone che devono rinunciare agli esami o alle visite mediche per dare priorità alle spese alimentari o che al contrario, pur alle prese con difficoltà economiche, sono costrette a farsi carico di spese ingenti per accedere a prestazioni private. I servizi sociali dei comuni sono impegnati quotidianamente nella definizione e attuazione di interventi diversi orientati, dal sostegno alle spese di bollette e utenze domestiche, al contributo per gli affitti fino al contrasto alla povertà educativa. Tutti interventi che vengono programmati in maniera personalizzata, valutando i bisogni specifici delle persone, per facilitare il superamento delle situazioni di bisogno. Non esistono però fondi e misure specifiche per le spese per la salute e la prevenzione, spesso trascurate dai cittadini più in difficoltà. Ci sarebbe la necessità di porre la salute al centro delle politiche, per promuovere benessere collettivo, e la nostra professione può dare un contributo per migliorare i contesti sociali nelle nostre comunità e città”.   Giulia Sciarrotta
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