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Neuroscienze
26.10.2024 - 11:55
Nel panorama delle neuroscienze, una nuova ricerca dell'Università di Padova getta luce su un aspetto finora poco esplorato: l'attività cerebrale a riposo nei bambini in età prescolare e le sue differenze in base al sesso. Lo studio, intitolato "Dynamic transient brain states in preschoolers mirror parental report of behavior and emotion regulation", è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista "Human Brain Mapping". Guidato da Lisa Toffoli e Giovanni Mento, in collaborazione con Gian Marco Duma dell'IRCCS “E. Medea” di Conegliano e Duncan Astle dell'Università di Cambridge, il lavoro offre nuove prospettive sul funzionamento cognitivo quotidiano dei più piccoli.
Il concetto di "resting state", o stato di riposo, si riferisce a quel momento in cui il cervello non è impegnato in attività cognitive specifiche. Tuttavia, anche in questa condizione di apparente inattività, il cervello è tutt'altro che fermo. La ricerca ha dimostrato che le comunicazioni cerebrali, ovvero il modo in cui le informazioni vengono trasmesse ed elaborate tra le diverse aree del cervello, non solo sono attive, ma variano significativamente tra maschi e femmine. In particolare, i maschi mostrano un'attività cerebrale più variabile e meno prevedibile, con una maggiore attivazione del default-mode network, il circuito associato al "mind wandering", o "testa tra le nuvole". Al contrario, le femmine tendono ad attivare più frequentemente le aree prefrontali, legate alla concentrazione e all'attivazione cognitiva.
I ricercatori hanno utilizzato questionari compilati dai genitori per correlare l'attività cerebrale con il comportamento e la regolazione emotiva dei bambini. È emerso che coloro che attivano maggiormente le aree prefrontali mostrano una migliore regolazione comportamentale ed emotiva. Al contrario, un'attivazione più frequente del default-mode network è associata a maggiori difficoltà in questi ambiti. Come sottolinea Lisa Toffoli, prima autrice dello studio, l'obiettivo era duplice: comprendere le differenze nell'attività cerebrale a riposo in base al sesso e all'età, e verificare se tale attività potesse prevedere problemi comportamentali o emotivi.
Un aspetto particolarmente innovativo di questa ricerca è l'utilizzo di tecniche avanzate di machine learning, in particolare i "hidden Markov models" (HMM), applicate a dati di elettroencefalografia ad alta risoluzione spaziale. Questo approccio ha permesso di identificare con precisione quali aree del cervello comunicano tra loro e come queste comunicazioni cambiano in tempi rapidissimi, nell'ordine di millisecondi. Gian Marco Duma, che ha supervisionato la collaborazione con l'IRCCS E. Medea, sottolinea come questa sia la prima volta che una tale tecnica viene applicata a bambini in età prescolare.
I risultati di questo studio potrebbero avere importanti implicazioni per le popolazioni cliniche, in particolare per i disturbi del neurosviluppo come l'autismo e l'ADHD. Identificare potenziali target neurali nei processi riabilitativi potrebbe facilitare approcci terapeutici personalizzati, soprattutto in età prescolare, una fase cruciale per lo sviluppo cognitivo. Giovanni Mento, corresponding author dello studio, evidenzia come questi risultati possano aprire nuove strade per interventi mirati e personalizzati, migliorando così le prospettive di sviluppo per molti bambini.
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