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25 aprile
25.04.2025 - 16:42
25 aprile
La Liberazione del Polesine è stata una lotta lunga e cruenta, segnata da scontri sanguinosi, stragi e atti di resistenza. Mentre il 25 aprile è diventato simbolo della fine della dittatura nazifascista in Italia, nella regione polesana la guerra si concluse in maniera frammentata, con combattimenti e atrocità che segnarono profondamente la memoria collettiva.
Il 25 aprile in Polesine, come in tutta Italia, arrivò con giorni di ritardo e anticipi. La liberazione dal nazifascismo fu un fenomeno progressivo, una "marea" che risaliva la Penisola giorno dopo giorno, liberando città e territori. Anche in Polesine, la resistenza partigiana aveva dato il suo contributo per supportare l’avanzata degli Alleati, con quasi 2.000 polesani coinvolti nelle lotte. Non mancarono le vittime: circa 150 persone persero la vita a causa di scontri a fuoco, fucilazioni e torture.
Il 21 aprile, Bologna venne liberata, seguita il 24 aprile da Parma, e prima del 25 aprile le truppe alleate avevano già superato il Po, attraversando le terre di Castelmassa e Castelnovo, così come il delta del fiume. Questi ultimi giorni di Resistenza furono caratterizzati da violenti combattimenti, bombardamenti e incursioni naziste che tentavano di rallentare l’avanzata britannica. La violenza raggiunse il suo culmine con episodi come quello di Lusia, il 20 aprile, un bombardamento che si rivelò inutile e disastroso.
Gli ultimi giorni prima della Liberazione furono segnati da ritirate caotiche dei nazisti, che non risparmiarono al Polesine i rastrellamenti e le fucilazioni finali. Gianni Sparapan, storico della Resistenza polesana, racconta che l’Ottava armata britannica superò il Po tra Ficarolo e Gaiba, incrociando la resistenza delle brigate partigiane, attive in particolare nelle zone di Stienta, Medio e Alto Polesine, e Adria-Ariano. Le truppe fasciste, ormai consapevoli della fine imminente, iniziarono a dissolversi o a cercare rifugio nella Valtellina.
Il 26 aprile, Rovigo fu liberata, ma i preparativi per la Liberazione erano già in atto. I partigiani avevano lavorato instancabilmente per indebolire il regime nazifascista, preparando il terreno per un passaggio di poteri che avvenne in maniera relativamente lineare. Luigi Puxeddu venne nominato prefetto, mentre Umberto Merlin assunse la carica di sindaco. Tuttavia, le ore immediatamente precedenti la liberazione furono caratterizzate da violenza e tensione: le camicie nere e i nazisti avevano già abbandonato la città, ma non mancavano le voci di alcuni estremisti che proponevano di uccidere i prigionieri politici.
A pochi passi dalla liberazione, si verificò un episodio tragico. Un gruppo di prigionieri politici, liberati dal carcere, si avviò verso Adria, ma venne intercettato da una retroguardia tedesca. Quattro di loro furono fucilati nei pressi di viale Tre Martiri, il luogo che oggi porta il segno di quella strage. Solo uno di loro, Bruto Bertaglia, riuscì a salvarsi, cadendo tra i corpi degli altri tre e fingendo la morte.
Il 25 aprile non fu solo un giorno di scontri tra partigiani e soldati tedeschi, ma anche il teatro di numerosi episodi di violenza gratuita contro i civili. Secondo Gino Bedeschi, storico del Polesine, furono 65 i civili uccisi nei giorni della Liberazione, vittime di rappresaglie naziste. Tra queste, una delle più orribili fu la strage di Villadose, dove 20 persone furono fucilate per rappresaglia dopo un rastrellamento.
In questi giorni di violenza e caos, il destino di alcuni fascisti fu altrettanto drammatico. Pino Rauti, giovane volontario della Repubblica Sociale Italiana e futuro parlamentare, fu catturato dai partigiani e stava per essere giustiziato, ma i vertici del CLN decisero di evitare vendette e ritorsioni pubbliche. Questo episodio segnò il confine tra la giustizia e la vendetta, in un contesto dove le emozioni erano fortissime.
Anche se molte vendette vennero messe in atto, come le fucilazioni di torturatori fascisti, la violenza post-bellica fu relativamente limitata, con punizioni per i responsabili di crimini come l’eccidio di Villamarzana che si tradussero in pene leggere o in amnistie.
Gli ultimi combattimenti in Polesine tra partigiani, soldati alleati e truppe tedesche si concentrarono nelle zone di Lendinara, sull'Isola di Ariano e lungo le sponde dell’Adige. Con la fine degli scontri, iniziò il lungo cammino verso la ricostruzione e la nascita della democrazia. A Rovigo, le prime commissioni per gestire il dopoguerra furono formate, e la città cominciò a voltare pagina.
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