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Intelligenza artificiale e umanità: una sinergia in evoluzione verso il 2028

L'AI generativa cambia le regole del gioco: tra opportunità e sfide etiche nel mondo aziendale

L'Intelligenza artificiale in medicina: opportunità e limiti secondo il Cardinale Parolin

Entro la conclusione del 2028, le previsioni degli analisti indicano che l'intero patrimonio informativo prodotto dall'umanità sarà assorbito dalla conoscenza dell'intelligenza artificiale. L'introduzione dell'AI generativa rappresenta un punto di svolta cruciale: essa non si limita più ad esaminare dati strutturati, ma si avventura notevolmente nella sfera cognitiva, impiegando il linguaggio naturale per interagire con gli esseri umani in maniera estremamente fluida e naturale. L'influenza su lavoro e produzione sarà altrettanto rilevante: la Regione Veneto prevede un valore aggiunto per le imprese pari a 300 miliardi di euro, mantenendo costanti gli investimenti e le ore lavorate.

È però indispensabile un investimento nella formazione prima di integrare l'AI generativa nei processi produttivi. È proprio su questa base che prendono vita i "Coffee Tech", incontri aziendali volti all'approfondimento e al dibattito sulle frontiere tecnologiche più avanzate, promossi dalla startup padovana Rain Tonic. Questa software house, fondata otto anni fa da Luca Potti e Luca Bianco, si fa promotrice di tali eventi.

«Abbiamo deciso di avviare questa serie di incontri per rispondere ad una necessità concreta – spiega Potti – quella di offrire, al nostro personale e alle aziende clienti, dei momenti di formazione per comprendere al meglio le potenzialità degli strumenti tecnologici che abbiamo oggi a disposizione, analizzandone le possibili applicazioni e anche le prospettive nel futuro a breve termine».

Il primo ospite, in sede di Rain Tonic (a Caselle di Selvazzano) è stato Alessandro Sperduti, professore all’Università di Padova e tra i principali esperti italiani di machine learning.

Tra i temi che hanno riscosso più interesse: le applicazioni pratiche in ambito aziendale, oltre che le questioni caldissime legate al copyright e alla privacy dei dati.

Dall’efficientamento di impianti per produrre energia alla riduzione degli scarti di produzione, fino alle valutazioni di mercato nel lancio di un nuovo prodotto, oggi l’intelligenza artificiale può offrire un valido aiuto nel miglioramento dei processi.

 «Il contributo più importante dell’intelligenza artificiale generativa – sottolinea Sperduti – sta nella possibilità di creare simulazioni realistiche. Utilizzando dati storici, i modelli possono generare scenari plausibili, basati sulla distribuzione di probabilità osservata, producendo così dati sintetici ma coerenti. Questo consente di esplorare in anticipo diverse soluzioni ottimali. Per esempio, un’azienda calzaturiera potrebbe usare l’AI per analizzare i costi e proporre strategie di ottimizzazione per un determinato modello di scarpa». L’impatto dell’intelligenza artificiale, aggiunge Sperduti, «oggi riguarda molto anche la produttività individuale: redazione di report, supporto alla contrattualistica, accesso a informazioni tecniche sono tutte attività che l’AI può velocizzare».

Tema molto caldo è anche quello legato ai diritti d’autore e alla gestione dei dati.

«Il tema della gestione dei dati personali – spiega ancora il professor Sperduti – è centrale per le aziende. Il GDPR europeo ha già introdotto una solida base normativa, ma l’AI Act va oltre, introducendo obblighi specifici per i sistemi di intelligenza artificiale, soprattutto quando utilizzati in prodotti o servizi rivolti agli utenti europei.

Il regolamento è complesso e ancora difficile da interpretare, anche per i giuristi. Molte implicazioni si chiariranno solo con la prassi e le prime sentenze. In particolare, il regolamento distingue i sistemi in base al livello di rischio (accettabile, moderato, alto), con regole più severe per quelli ad alto impatto.

Uno dei principi fondanti del regolamento è la trasparenza, promossa dal concetto di open science: i modelli dovrebbero essere il più possibile aperti e documentati, specificando i dati usati per l’addestramento, i parametri, i valori di apprendimento e le procedure seguite.

Anche i modelli "chiusi", come la famiglia GPT, dovranno adeguarsi: in futuro, i servizi AI offerti in Europa dovranno ottenere una certificazione di conformità all’AI Act. Questo riguarda anche i big player internazionali, compresi quelli cinesi e americani, se vogliono operare nel mercato europeo».

Rimane un punto di domanda su cosa, almeno per ora, l’intelligenza artificiale non possa fare per noi. I limiti ad oggi ci sono, e sono importanti:

«L’esperienza ci insegna che dove entrano in gioco questioni di natura etica il cervello umano, plasmato dalla cultura e dall’ambiente, può arrivare a prendere decisioni molto distanti da quelle che risultano preferibili per una AI. Allo stesso modo, sul piano del ragionamento profondo la macchina può arrivare prima, ma l’uomo arriva a soluzioni migliori. OpenAI e altri attori stanno lavorando su modelli “O-type”, progettati per simulare processi interni di ragionamento e migliorare la capacità di risolvere problemi complessi in modo autonomo. Ma per quanto riguarda l’oggi, studi sul campo dimostrano che, avendo a disposizione il giusto tempo, il ragionamento umano prevale ancora nettamente».

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