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Eccellenza sanitaria
10.06.2025 - 15:35
Foto del cuore artificiale Carmat dal sito nazionale della sanità francese
È stato dimesso dal reparto di Cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona il primo paziente in Veneto ad aver ricevuto un cuore artificiale completo Carmat. L’uomo, 52 anni, è stato operato il 26 marzo scorso con un intervento durato circa 12 ore, eseguito dalla squadra multidisciplinare coordinata dal professor Giovanni Battista Luciani. Dopo due mesi di degenza e un periodo di riabilitazione a Lonigo, il paziente tornerà presto a casa.
L’uomo era affetto da una grave cardiopatia ischemica, sviluppatasi a seguito di un infarto un anno prima, che aveva causato un progressivo peggioramento dello scompenso cardiaco e ipertensione polmonare, rendendo impossibile il trapianto. Il cuore artificiale Carmat, dispositivo francese di ultima generazione, simula la funzione di entrambi i ventricoli naturali con caratteristiche innovative quali valvole biologiche per una terapia anticoagulante meno aggressiva, funzionamento pulsatile e sensori automatici di regolazione.
L’impianto di questo dispositivo rappresenta un importante passo avanti per i pazienti con insufficienza cardiaca biventricolare grave, candidati a trapianto o non eleggibili, grazie alla sua capacità di generare un flusso sanguigno simile a quello naturale. L’intervento complesso, che ha richiesto circolazione extracorporea per la rimozione del cuore naturale e il posizionamento del device, è stato seguito da un lungo percorso di cure intensive e assistenza multidisciplinare, che ha coinvolto anestesisti, infermieri, tecnici e fisioterapisti.
Alla conferenza stampa di presentazione, il direttore generale Callisto Marco Bravi ha sottolineato l’importanza dell’innovazione sanitaria, evidenziando come l’investimento nel cuore artificiale rappresenti non un costo ma un risparmio di risorse grazie a tecnologie avanzate e sperimentazioni robotiche già avviate in Azienda. Il Magnifico Rettore dell’Università di Verona Pier Francesco Nocini ha ribadito l’integrazione tra università e ospedale come chiave per il progresso medico-tecnologico, lodando l’équipe multidisciplinare per l’elevata professionalità dimostrata.
Il professor Luciani ha spiegato che il dispositivo, unico nel suo genere approvato in Europa, ha permesso di superare l’ostacolo dell’ipertensione polmonare che rendeva impossibile il trapianto, offrendo un ponte vitale di 6-12 mesi per il paziente. Anche il professor Leonardo Gottin ha evidenziato l’importanza di un team altamente specializzato, capace di gestire un intervento così complesso e il successivo delicato percorso di rianimazione e cura intensiva.
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