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Il caso a Venezia
19.06.2025 - 11:00
Non è una protesta contro Jeff Bezos in sé, ma contro ciò che la sua presenza rappresenta. L’ANPI “7 Martiri” di Venezia interviene con una nota per esprimere forte preoccupazione sul modo in cui l’Amministrazione comunale continua a “svendere” la città lagunare, trasformandola – a loro dire – in una vetrina per eventi privati e cerimonie di lusso, mentre i residenti vengono sempre più spinti ai margini.
La celebre associazione partigiana chiarisce subito la propria posizione: «Non intendiamo impedire al signor Bezos di celebrare il proprio matrimonio a Venezia», si legge nel comunicato, «ma riteniamo necessario ribadire il nostro dissenso verso l’attuale modello di gestione della città».
L’ANPI denuncia con fermezza la privatizzazione degli spazi pubblici, l’overtourism e l’abuso di grandi eventi, che – secondo il comunicato – «minano la vivibilità quotidiana, alimentano il caro affitti, incentivano la speculazione immobiliare e accelerano l’esodo dei cittadini». Il rischio è chiaro: «Una città ridotta a scenografia per i potenti del mondo, mentre gli abitanti vengono cacciati e ai giovani viene negato il diritto di restare».
Il comunicato non si limita alla critica urbanistica e sociale. L’ANPI veneziana richiama anche le emergenze nazionali e internazionali: «Rimaniamo vigili e impegnati su temi fondamentali come la pace, la lotta contro il riarmo, il dramma delle migrazioni e la difesa dei diritti dei lavoratori». L’organizzazione sottolinea il suo continuo impegno su questi fronti, come previsto dalla Costituzione italiana, che resta per l’ANPI la bussola della propria azione civile.
In conclusione, la sezione “7 Martiri” rilancia il proprio appello per una Venezia abitabile, democratica e inclusiva, invitando a invertire una rotta che definisce «pericolosa e irreversibile». La città, scrivono, «non può essere ridotta a sfondo da cartolina per matrimoni vip, grandi navi o passerelle di potere, mentre chi la vive quotidianamente viene spinto fuori».
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