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Abuso di farmaci

Politerapie farmacologiche, in crescita l’uso eccessivo di farmaci negli anziani: il 30% degli over 65 assume più di 10 medicinali al giorno

Il progetto pilota dell’Aoui di Verona dimostra che rivedere le terapie riduce del 20% le riospedalizzazioni, migliora la qualità di vita e consente un risparmio annuo di oltre 200 mila euro

Immagine di repertorio

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Ridurre i farmaci inutili e potenzialmente dannosi per gli anziani è possibile, efficace e necessario. Lo confermano i dati presentati nel corso del convegno “Come ottimizzare le (poli)terapie farmacologiche”, svoltosi a Verona, dove sono stati illustrati i risultati del primo anno del progetto pilota di medication review e deprescribing avviato presso l’Azienda ospedaliera universitaria integrata (Aoui) di Verona. L’iniziativa, coordinata dai professori Gianluca Trifirò e Mauro Zamboni, ha interessato 70 pazienti ricoverati nei reparti di Geriatria e Medicina interna degli ospedali di Borgo Trento e Borgo Roma.

L’età media dei pazienti era di 86 anni, ciascuno con una media di 10 farmaci assunti quotidianamente. Gli specialisti hanno sottoposto a valutazione complessiva 836 medicinali, decidendo di sospenderne 273 perché considerati inappropriati. Il risultato è stato l’eliminazione media di 4 farmaci per paziente, accompagnata anche da un aggiustamento dei dosaggi. Tre mesi dopo la dimissione, si è osservata una riduzione del 20% del rischio di riospedalizzazione e un risparmio stimato di circa 56 mila euro, destinato ad aumentare a oltre 200 mila euro su base annua se il progetto verrà esteso a 480 pazienti.

«Il progetto pilota avviato nella nostra Azienda e i dati del convegno di oggi dimostrano che ridurre i farmaci alle persone oltre 65 anni è un obiettivo da perseguire», ha dichiarato Callisto Marco Bravi, direttore generale Aoui. «Non penso solo ai vantaggi economici, ma soprattutto alla riduzione delle reazioni avverse e delle ospedalizzazioni, in altre parole a una migliore qualità di vita degli anziani».

L’iniziativa ha richiesto un forte impegno multidisciplinare: farmacologi clinici, geriatri, internisti e farmacisti ospedalieri hanno lavorato in sinergia, dedicando circa quattro ore per la revisione della terapia di ciascun paziente. Il progetto è stato esteso ad altre tre Unità operative complesse (Uoc) – Medicina interna C, Medicina interna B e Medicina d’urgenza – con il supporto della Scuola di Specializzazione in Farmacologia e Tossicologia Clinica e della farmacia ospedaliera.

Il tema è cruciale: il 30% degli over 65 assume oltre 10 farmaci al giorno, e in Veneto si stima che quasi 200 mila anziani siano in politerapia con più di 5 medicinali. I farmaci più prescritti – anticoagulanti, antinfiammatori, antipertensivi e antipsicotici – sono anche quelli con maggiore rischio di interazioni e reazioni avverse.

«Abbiamo rivalutato 70 pazienti anziani complessi e pluritrattati», ha spiegato il professor Trifirò, «eliminando in media quattro farmaci a testa. Questo ha comportato un risparmio di circa 60 mila euro, che riteniamo debbano essere reinvestiti nel personale qualificato per i processi di medication review».

Il professor Zamboni ha sottolineato come «molte ospedalizzazioni negli anziani derivino proprio da problemi legati ai farmaci. Prestare attenzione alle interazioni e agli effetti collaterali può migliorare la qualità della vita quotidiana e prolungare la sopravvivenza».

Organizzato dal Gruppo di Lavoro in Farmacovigilanza, Farmacoepidemiologia, Farmacoeconomia & Real World Evidence (3F & RWE) della Società Italiana di Farmacologia (SIF), il convegno è stato patrocinato da numerose società scientifiche e ha segnato la chiusura del primo Corso di Perfezionamento in Medication Review e Deprescribing dell’Università di Verona. In tale occasione, la Società Italiana di Farmacologia ha assegnato due borse da 500 euro ai migliori giovani ricercatori.

«Nel 2024 è aumentato il numero di pazienti che fanno uso di più farmaci», ha concluso Giovanna Scroccaro, dirigente della Direzione Farmaceutica della Regione Veneto. «Adesso si tratta di vedere se queste esperienze aneddotiche del progetto pilota possono diventare attività strutturate e permanenti».

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