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23.07.2025 - 12:13
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Il fenomeno del dumping contrattuale – cioè l’utilizzo di contratti collettivi sottoscritti da sigle sindacali prive di adeguata rappresentatività, spesso a discapito di diritti e tutele per i lavoratori – sta minando la stabilità del settore della ristorazione e dei pubblici esercizi. È il forte allarme lanciato da APPE Padova, storica associazione di categoria che rappresenta oltre 1.500 attività sul territorio, attraverso la voce della sua presidente Federica Luni.
L’occasione è stata la presentazione, martedì 22 luglio al CNEL di Roma, del nuovo Manuale sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi, realizzato da FIPE-Confcommercio in collaborazione con ADAPT e con il supporto dell’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo. Un documento tecnico e operativo che evidenzia le profonde disparità – economiche e normative – tra i contratti collettivi “regolari” e quelli “pirata”.
«Nel nostro settore – ha dichiarato Luni – ci sono oltre 40 contratti collettivi registrati, molti dei quali offrono condizioni ridotte ai lavoratori pur di abbattere i costi. Questo genera una concorrenza sleale che danneggia chi rispetta le regole. È ora di dire basta a scorciatoie contrattuali: servono controlli, trasparenza e tutele vere».
Secondo FIPE, oltre il 92% delle imprese del settore applica il contratto nazionale firmato con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Eppure, molte realtà ricorrono a contratti “alternativi” che eliminano voci come la quattordicesima, riducono ferie o indennità, e compromettono sicurezza e dignità sul lavoro.
Il dumping contrattuale non è solo un problema sindacale, ma economico e sociale: crea un mercato del lavoro parallelo e selvaggio. E, come ricordato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, chi applica contratti non rappresentativi perde anche il diritto a benefici normativi e contributivi previsti dalla legge.
Il nuovo manuale presentato a Roma documenta la differenza retributiva tra il CCNL FIPE e altri contratti meno tutelanti: in alcuni casi, la perdita per un cameriere può superare i 3.000 euro l’anno, tra minori stipendi e assenza di indennità.
«Abbiamo scelto da tempo la strada della legalità – spiega ancora Federica Luni – e stiamo lavorando in sinergia con forze dell’ordine, consulenti e istituzioni per tutelare le imprese virtuose. Non è accettabile che chi rispetta i contratti debba essere penalizzato da chi sceglie la via breve».
Per questo APPE sta organizzando un incontro locale di presentazione del manuale, per aprire un dialogo costruttivo tra aziende, consulenti e rappresentanti del territorio.
Il fenomeno, però, va affrontato anche su scala nazionale. «Serve un sistema di contrattazione più snello e rappresentativo – ha concluso Luni – e controlli efficaci per evitare che il costo del lavoro diventi l’unica leva competitiva. Difendere i contratti veri significa difendere il valore del lavoro e la sostenibilità del nostro settore».
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