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Sanità in affanno: la carenza di medici di famiglia manda in tilt l’ULSS Euganea

Camani (PD) denuncia anni di inazione

Sanità in affanno: la carenza di medici di famiglia manda in tilt l’ULSS Euganea

Foto di repertorio

La sanità padovana si ritrova ancora una volta a fare i conti con una carenza cronica di medici di base. Basta l’imminente pensionamento di tre dottori per compromettere l’assistenza a circa 4.000 pazienti nella provincia, lasciando scoperti interi ambiti e aggravando una situazione già critica.

A denunciare l’ennesima emergenza è stata Vanessa Camani, capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale, che ha attribuito la responsabilità dell’attuale crisi all’assenza di una programmazione strutturata e a una mancata visione strategica da parte della Regione Veneto. Secondo Camani, il fatto che si debba ricorrere – seppur inevitabilmente – alla richiesta rivolta ai medici attualmente in attività di aumentare il numero di assistiti fino alla soglia massima consentita di 1.800 persone, rappresenta una misura estrema e inadeguata.

La consigliera ha sottolineato come questo tipo di soluzione, seppur dettata dall’urgenza, non faccia altro che peggiorare le condizioni di lavoro dei medici e abbassare la qualità dell’assistenza, già messa a dura prova da carichi burocratici e operativi sempre più pesanti. Ha aggiunto che l’aumento del numero di pazienti a carico di ogni medico rischia di compromettere profondamente il rapporto tra medico e assistito, minando la relazione di cura che dovrebbe invece essere al centro del sistema sanitario.

Camani ha quindi ribadito la necessità di aprire una nuova fase nella gestione della sanità pubblica in Veneto. Ha indicato come priorità l’avvio di interventi strutturali, finora del tutto assenti, che comprendano una programmazione efficace, investimenti nelle borse di formazione per i futuri medici di famiglia, incentivi economici per rendere la professione più attrattiva e maggiore supporto amministrativo, in modo da alleggerire i professionisti da un’ingente mole di incombenze non sanitarie.

La preoccupazione è concreta: in un sistema già fragile, ogni pensionamento rischia di far collassare l’intero equilibrio territoriale. Camani ha chiesto che la sanità territoriale torni ad essere una priorità politica, con atti concreti e non soltanto con promesse.

Nel frattempo, i cittadini restano in attesa, spesso costretti a rivolgersi al pronto soccorso per problematiche che un tempo sarebbero state affrontate dal proprio medico di famiglia. E la domanda resta aperta: chi curerà chi resta senza medico?

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