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Curiosità
05.11.2025 - 09:32
Foto di repertorio
Ogni anno, puntuale come un rituale, l’autunno tinge i boschi di rosso, giallo e arancio prima che le foglie si stacchino e cadano a terra. Un fenomeno che affascina da sempre poeti e fotografi, ma che in realtà nasconde un preciso meccanismo di adattamento alla stagione fredda.
Gli alberi decidui – come il faggio, il pioppo, il tiglio o l’acero – si liberano delle foglie per sopravvivere all’inverno. Con l’abbassarsi delle temperature e la diminuzione della luce solare, le piante “capiscono” che la stagione di crescita è finita: la fotosintesi rallenta e diventa troppo dispendiosa.
La clorofilla, la sostanza che dà alle foglie il colore verde, inizia a degradarsi. In superficie emergono così i pigmenti autunnali: i carotenoidi (gialli e arancioni) e gli antociani (rossi e viola). Quando la pianta interrompe del tutto la produzione di clorofilla, la foglia perde la sua funzione e si prepara a staccarsi.
Alla base del picciolo, l’albero forma una sottile barriera di cellule detta zona di abscissione. È come se la pianta “tagliasse” i rami in modo controllato: le foglie vengono lasciate cadere, ma il punto di distacco si cicatrizza subito, evitando la perdita di linfa e proteggendo i tessuti interni dal gelo e dai funghi.
Senza foglie, l’albero riduce la traspirazione e risparmia acqua ed energia in un periodo in cui le risorse sono scarse. Quando torneranno la luce e il calore della primavera, nuovi germogli prenderanno il posto delle foglie cadute, e il ciclo ricomincerà.
La caduta delle foglie non è solo un segno del tempo che passa, ma un equilibrio perfetto tra bellezza e sopravvivenza. Quelle stesse foglie, una volta a terra, si decompongono e arricchiscono il terreno di sostanze nutritive, alimentando così un nuovo ciclo vitale.
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