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Il reato di femminicidio

Il femminicidio diventa reato autonomo: via libera della Camera all’unanimità

Ergastolo per chi uccide una donna “in quanto donna”. Nella norma entrano i concetti di controllo, possesso e dominio

Il femminicidio diventa reato autonomo: via libera della Camera all’unanimità

Foto di repertorio

La Camera ha approvato ieri all’unanimità il disegno di legge che introduce, per la prima volta nell’ordinamento italiano, il reato autonomo di femminicidio. Una svolta simbolica e giuridica allo stesso tempo: l’uccisione di una donna motivata da controllo, possesso o dominio non sarà più inquadrata come semplice omicidio aggravato, ma come una fattispecie distinta, punita con l’ergastolo.

La nuova norma introduce in modo esplicito nella legislazione penale concetti fino a oggi confinati nel dibattito socioculturale: la violenza esercitata per motivi di genere, l’abuso di potere relazionale, la volontà di sopraffare la vittima in quanto donna. Per i promotori, si tratta di un passaggio cruciale per riconoscere la specificità di questi delitti e offrire una risposta più netta dello Stato.

Le reazioni: tra chi applaude e chi teme una legge “simbolica”

L’approvazione ha acceso immediatamente il dibattito. Tra i commenti favorevoli, c’è chi vede nell’introduzione del reato un passo necessario per dare un nome preciso a crimini radicati nelle dinamiche culturali della disparità di genere. Un riconoscimento, dicono, che non sottrae diritti a nessuno ma mette in luce una realtà storica: la violenza sulle donne nasce spesso da relazioni di potere sbilanciate e da modelli patriarcali ancora diffusi.

Sul fronte opposto emergono dubbi giuridici e timori di incostituzionalità. Diversi osservatori sottolineano come definire e provare in tribunale concetti come “controllo” o “possesso” possa diventare complesso, lasciando margini di interpretazione difficili da gestire. 

Un’altra obiezione riguarda gli effetti statistici: restringendo la definizione di femminicidio a una categoria più precisa, il numero dei casi ufficiali potrebbe diminuire, dando l’impressione – secondo alcuni rischiosa – di un fenomeno in calo artificiale.

Tra esigenze simboliche e problemi applicativi

La discussione, vivace anche sui social, riflette una doppia natura della legge: da un lato la volontà di affermare un principio politico e sociale, dall’altro la necessità di costruire norme capaci di resistere al vaglio della Corte costituzionale e di funzionare davvero nelle aule giudiziarie.

Se per i sostenitori si tratta di un punto di non ritorno nella lotta alla violenza di genere, per i critici la priorità rimane potenziare le misure di prevenzione, protezione e intervento rapido, ritenute ben più efficaci delle sanzioni.

Resta il fatto che, per la prima volta, il legislatore ha scelto di definire il femminicidio come un reato autonomo

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