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30.11.2025 - 14:21
Foto di repertorio
Un frammento rarissimo di cristianità antica torna a respirare. Il sacello rupestre dei Santi Nazaro e Celso, incastonato ai piedi del Monte Castiglione in via Rismondo, nel quartiere di Veronetta, è stato finalmente consolidato e messo in sicurezza grazie a un intervento strutturale finanziato con i fondi europei del PNRR. Un passo decisivo per restituire alla città uno dei più preziosi esempi di architettura sacra rupestre paleocristiana del Veneto.
Il completamento dei lavori è stato presentato questa settimana durante un sopralluogo condotto dal direttore dei lavori, l’architetto Massimo Donisi, e dalla responsabile del procedimento della Direzione Edilizia Monumentale del Comune di Verona, architetta Viviana Tagetto. Al loro fianco erano presenti la vicesindaca e assessora ai Beni Culturali, Barbara Bissoli, la dirigente dell’Edilizia Monumentale, architetta Raffaella Gianello, e l’architetta Silvia Dandria della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Verona.
L’intervento, del valore complessivo di 500 mila euro, è stato possibile grazie ai fondi europei NextGenerationEU nell’ambito della missione PNRR dedicata alla sicurezza sismica dei luoghi di culto e al restauro del patrimonio culturale. Operazioni rigorosamente mirate a consolidare la struttura ipogea senza alterarne l’identità storica né il fragile equilibrio geologico del complesso scavato nella roccia tufacea.
«La messa in sicurezza del sacello – sottolinea la vicesindaca Bissoli – consente di recuperare un tassello preziosissimo del patrimonio storico e spirituale della città e rappresenta un investimento nella rigenerazione urbana di Veronetta. L’obiettivo ora è renderlo accessibile attraverso un nuovo percorso di visita che possa rievocare l’antico cammino dei fedeli dal vicino Monte Castiglione». Ad oggi, infatti, il sacello è visitabile solo eccezionalmente poiché situato all’interno dell’area dell’Istituto professionale Giorgi.
Il monumento, databile tra VI e VII secolo d.C., è considerato l’unica testimonianza veneta di architettura sacra rupestre paleocristiana. Citato già nel Seicento da Ludovico Moscardo e nel Settecento da Scipione Maffei, il sacello subì gravi mutilazioni nel Quattrocento per fare spazio a una nuova ala del monastero sovrastante. Due importanti cicli di affreschi, risalenti ai secoli X e XII, furono successivamente rimossi negli anni Sessanta del Novecento e oggi sono conservati al Museo degli Affreschi "G.B. Cavalcaselle".
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