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Riello in vendita, Legnago in bilico: quale sarà il futuro di un simbolo del Made in Italy?

La storica azienda di bruciatori è in vendita e rischia di essere delocalizzata fuori Legnago, senza adeguate garanzie industriali e occupazionali: il Governo convoca un nuovo tavolo al MIMIT il 18 dicembre.

Riello in vendita, Legnago in bilico: quale sarà  il  futuro di un simbolo del Made in Italy?

Incontro al MIMIT (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) dello scorso 25 Novembre, convocato per seguire gli sviluppi del processo di vendita dell'azienda Riello

Riello, un secolo di industria italiana tra mercato globale e scelte strategiche

La vicenda Riello è uno dei casi più emblematici delle trasformazioni che attraversano oggi l’industria manifatturiera italiana. Fondata nel 1922 a Legnago, nel cuore del Veneto industriale, l’azienda è stata per oltre un secolo un simbolo del Made in Italy nel settore del riscaldamento e dei bruciatori. Oggi il suo futuro è legato a una complessa operazione di cessione, seguita con attenzione da Governo e sindacati.

Dalle origini al controllo delle multinazionali

Nata come Officine Fratelli Riello, l’azienda ha costruito la propria crescita su innovazione tecnologica e forte radicamento territoriale. Una svolta arriva alla fine del 2015 con l’ingresso nel gruppo statunitense United Technologies. Dal 2020 Riello è controllata da Carrier Corporation, multinazionale americana dei sistemi di climatizzazione, diventando parte di una strategia industriale globale.

I numeri e la decisione di vendere

Negli ultimi dieci anni il fatturato si è ridotto a circa 400–430 milioni di euro, oltre 200 milioni in meno rispetto al passato. Dopo l’acquisizione di Viessmann Climate Solutions nel 2024, Carrier ha avviato nel 2025 la cessione del business bruciatori e riscaldamento, includendo anche marchi come Beretta, nell’ambito di una razionalizzazione del gruppo.

Le offerte: industria italiana, colossi esteri e fondi

All’advisor Bank of America sono arrivate 5–6 manifestazioni di interesse non vincolanti. Tra i soggetti più accreditati c’è Ariston Group, leader italiano del settore con 2,6 miliardi di ricavi nel 2024 e un piano di investimenti in Italia da 500 milioni di euro, metà destinati alla ricerca e sviluppo.

Si è fatta avanti anche Ferroli, storico marchio italiano oggi controllato dal private equity Attestor, mentre tra i gruppi esteri figurano i colossi cinesi Haier e Midea, già presenti in Italia. Completano il quadro alcuni fondi specializzati nei carve-out industriali, come Syntagma Capital e Aurelius.

L’allarme su occupazione e territorio

Riello conta circa 1.200 dipendenti nel mondo, oltre la metà in Italia, con stabilimenti e centri di ricerca a Legnago, Volpago del Montello e Lecco. Negli ultimi anni non sono mancate criticità: nel 2021 è stato chiuso lo stabilimento di Villanova (Pescara) e nel 2024 quello di Morbegno (Sondrio).

Per questo la vicenda è seguita con attenzione da sindacati e istituzioni, che temono una cessione guidata da logiche puramente finanziarie.

Il ruolo del Ministero e le prossime tappe

Nei recenti incontri al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Governo ha ribadito che qualsiasi operazione dovrà garantire un vero progetto di rilancio industriale, tutela dell’occupazione e continuità produttiva. Le offerte vincolanti sono attese entro Natale e Carrier dovrà attivare la procedura di golden power.

Il prossimo tavolo al MIMIT è fissato per il 18 dicembre, data decisiva per valutare le proposte e le prospettive industriali.

Riello e il nodo del Made in Italy

La storia di Riello si inserisce in un contesto più ampio: negli ultimi dieci anni molti marchi storici italiani, da Pirelli a Candy, da Peroni a Bialetti, sono passati sotto controllo straniero. In alcuni casi gli investimenti hanno garantito continuità, in altri hanno aperto interrogativi sulla tenuta del tessuto produttivo nazionale.

Il caso Riello non riguarda solo una vendita, ma il futuro di un presidio industriale storico. L’esito della trattativa dirà molto sulla capacità dell’Italia di difendere non solo i marchi, ma anche produzione, competenze e lavoro.

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