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Caldaie domestiche, Confartigianato Veneto lancia l’allarme: “I controlli solo a distanza non bastano”

Preoccupazione per il decreto che eliminerebbe le ispezioni in presenza sotto i 70 kW

Caldaie domestiche, Confartigianato Veneto lancia l’allarme: “I controlli solo a distanza non bastano”

Renato Calderaro

Confartigianato Imprese Veneto esprime forte preoccupazione per le modifiche previste da un decreto attualmente all’esame del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che, all’articolo 8 comma 3, ipotizza l’eliminazione delle ispezioni in presenza per gli impianti termici con potenza inferiore ai 70 kilowatt. Si tratta di una soglia che comprende la quasi totalità delle caldaie domestiche installate nelle abitazioni italiane.

Quella che appare come una variazione tecnica potrebbe avere ricadute significative. In Italia sono infatti attive circa 20 milioni di caldaie, di cui almeno 7 milioni hanno superato i 15 anni di vita e risultano quindi potenzialmente meno efficienti e più esposte a problemi di sicurezza se non adeguatamente manutenute. In Veneto il parco impianti domestici è stimato tra 1,5 e 1,7 milioni di caldaie, in larga parte al di sotto dei 70 kW: un patrimonio enorme che, secondo l’associazione degli artigiani, non può essere gestito esclusivamente attraverso verifiche da remoto.

«La manutenzione degli impianti è essenziale – spiega Renato Calderato, presidente della Federazione Impianti di Confartigianato Imprese Veneto – e già oggi una parte dei controlli avviene tramite strumenti digitali come il portale CIRCE, che consente verifiche documentali sugli impianti registrati. Tuttavia, affidare la sicurezza delle abitazioni solo ai controlli a distanza presuppone l’esistenza di un sistema informativo integrato che al momento non è operativo».

Secondo Calderato, il rischio principale è l’indebolimento complessivo del sistema dei controlli, con conseguenze sia sul fronte della sicurezza degli edifici sia sugli obiettivi di miglioramento della qualità dell’aria. Il vero nodo, più che la modalità di ispezione, resta la capacità di individuare gli impianti che sfuggono completamente a qualsiasi verifica. In Veneto operano oltre 5.200 imprese artigiane del settore termoidraulico, ma senza l’incrocio dei dati tra utenze attive e presenza effettiva di sistemi di riscaldamento, molte caldaie non registrate continuano a rimanere invisibili.

«Servirebbe un sistema in grado di mettere in relazione i dati energetici con quelli degli impianti installati – aggiunge Calderato – solo così si possono intercettare le situazioni irregolari e i cosiddetti “furbetti” che oggi restano fuori dai controlli».

Confartigianato ricorda inoltre che in alcune province venete, come Vicenza, le ispezioni sono già gestite prevalentemente da remoto dagli enti competenti. Per questo l’associazione chiede un equilibrio tra innovazione digitale e verifiche sul campo, basato su piattaforme realmente interoperabili ed efficaci. Eliminare del tutto le ispezioni in presenza, senza strumenti adeguati, rischia di abbassare il livello di tutela per cittadini e abitazioni.

Il tema si intreccia anche con quello della salute pubblica e dell’inquinamento atmosferico. In Veneto, soprattutto nei mesi invernali, la qualità dell’aria resta una criticità strutturale. I dati ARPAV indicano che nel 2024 il limite giornaliero del PM10 è stato superato in 18 stazioni su 40, pari a circa il 45% della rete regionale, con sforamenti frequenti nelle aree di pianura, dove il riscaldamento civile incide in modo rilevante.

In questo scenario, la corretta manutenzione delle caldaie domestiche rappresenta uno strumento concreto per ridurre le emissioni, aumentare l’efficienza energetica e contribuire agli obiettivi di risanamento dell’aria. «La manutenzione periodica – conclude Confartigianato Imprese Veneto – non è soltanto un obbligo di legge, ma un vantaggio diretto per le famiglie, perché consente di mantenere l’impianto efficiente, ridurre i consumi e contenere i costi in bolletta».

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