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18.12.2025 - 08:47
Foto di repertorio
Un’importante operazione dei Carabinieri ha portato al recupero di dodici reperti archeologici di grande valore storico e artistico nel cuore di Venezia. I manufatti, in gran parte vasi di produzione greca e italiota, sono stati individuati durante un’ispezione all’interno di un palazzo storico e sarebbero riconducibili, con ogni probabilità, ad attività di scavo illegale avvenute in Italia Meridionale.
Un cratere monumentale tra i pezzi più preziosi Tra i reperti sequestrati spicca un imponente cratere, alto circa un metro e mezzo, decorato con scene mitologiche. Si tratta di un vaso utilizzato nell’antichità durante i banchetti per mescolare acqua e vino e che, secondo gli esperti, faceva parte di un ricco corredo funerario. La ceramica è riconducibile alla produzione italiota, tipica delle colonie greche della Magna Grecia.
L’intervento è stato condotto dal Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, in collaborazione con la Soprintendenza veneziana, che ha subito avviato le procedure per la messa in sicurezza e la catalogazione dei beni.
Indagini sul possesso e destinazione museale Resta ora da chiarire come i reperti siano entrati in possesso del privato presso il quale sono stati rinvenuti. L’interessato non avrebbe infatti fornito documentazione idonea a dimostrarne la legittima provenienza. La Magistratura è chiamata a fare luce sulle responsabilità, mentre gli oggetti, ritenuti frutto di scavi clandestini, sono stati affidati allo Stato.
I reperti saranno trasferiti al Museo Nazionale di Vibo Valentia, in Calabria, dove andranno ad arricchire una sezione dedicata alla tutela del patrimonio culturale, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sull’importanza della salvaguardia dei beni archeologici.
Secondo gli studiosi, lo stile del cratere rimanda a una produzione apula del IV secolo a.C., ma l’assenza del contesto originario impedisce ricostruzioni più precise. Un danno doppio, come sottolineano gli esperti: il saccheggio di un sito archeologico priva la collettività non solo dell’oggetto, ma anche della sua storia.
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