Isabella Rossellini ha portato a Bassano il suo “Darwin’s smile” e racconta il suo amore per gli animali
Isabella Rossellini in una foto del suo spettacolo, vestita da scimpanzé
Empatica, e non solo con gli animali, sensibile, raffinata, persona che cogli subito autentica e non costruita. È l’identikit di Isabella Rossellini, 71 anni, che ha portato sul palcoscenico a
Bassano il suo
Darwin’s smile, nel quale unisce le sue due grandi passioni: la recitazione e l’etologia. Lei è stata tutto nella vita: star e figlia di star, Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, modella, regista, attrice, produttrice. Per la prima volta racconta in pubblico il suo grande amore per gli animali: gliel’ha insegnato suo padre, grazie a un libro.
Come mai s’è appassionata di scienza? Perché papà a 14 anni mi ha regalato
L’anello di re Salomone di Konrad Lorenz, premio Nobele fondatore dell’etologia. Da lì è nata la mia passione per il comportamento degli animali. La laurea in etologia però l’ho presa da vecchia a New York.
Però ha anche un master honoris causa dell’università del Quebec. È vero che quando entrava in aula i suoi colleghi studenti credevano che lei fosse la professoressa? Per forza, vista la differenza d’età.
Il suo spettacolo s’intitola “Il sorriso di Darwin”. Perché? Che c’entra Darwin? Un sacco. Tutto nasce dalle domande che si fa Darwin sulle espressioni basilari degli animali. Lui era anche convinto che gli animali ridano e si divertano.
Ed è vero? Se ho fatto uno spettacolo con questo titolo…
Ma è possibile che la recitazione e l’etologia abbiano delle convergenze, come lei sostiene? È stata la grande scoperta durante la pandemia. Mi ha fatto stare bene scoprirlo. Ha unito le due passioni della mia vita.
Perché l’affascina Darwin? Perché affascina tutti coloro che si occupano di scienza. Pensi che andava anche ai concorsi di bellezza dei piccioni e, vedendo tutte quelle piume colorate, s’è chiesto: ma questa
transmutationdegli animali (scusate, non so bene come si dica in italiano…) è possibile anche nella natura? Lui non conosceva la genetica, ma le sue ricerche hanno mostrato che, sì, l’evoluzione ci cambia.
A proposito di sorriso, per lei, che ha conosciuto Woody Allen ed era inviata di Renzo Arbore a L’altra domenica, cos’è l’umorismo? Una definizione? Non credo nella mia vita di avere trovato le risposte a tutto, però con Renzo ci siamo molto divertiti.
Lei ha chiamato la sua fattoria a 100 chilometri da New York Mama farm. Perché? Avevamo anche pensato di battezzarla con il mio nome,
Isabella’s farm, però funzionava poco. E poi, quando non ci sarò più, che senso avrebbe avuto? Ci lavora anche mia figlia, quindi
Mama va meglio. Infine, ci sono un sacco di animali femmine, dalle galline alle api.
Com’è avvenuta la genesi di questo monologo teatrale di cui lei è anche autrice? Il Museo d’Orsay di Parigi mi ha chiesto due conferenze un po’ buffe su Darwin. Ho parlato del sorriso e dell’emicrania. Vi ha assistito Muriel Mayette-Holtz, che è stata anche la regista di Villa Medici a Roma e mi ha spiegato che da quelle conferenze poteva nascere molto di più. Mi sono trasferita a casa sua, a Nizza: in sei settimane è sbocciato lo spettacolo.
Nel suo spettacolo ha un ruolo importante l’empatia. E nella vita? Noi attori la manipoliamo, l’empatia. Impariamo talmente bene le parole che alla fine giochiamo i nostri ruoli in scena sull’empatia tra colleghi. Viceversa gli scienziati non ne vogliono sentire parlare: la realtà si osserva dall’esterno, come i comportamenti degli animali.
Assunto che Konrad Lorenz ha smentito. Esatto. Se si vogliono conoscere gli animali bisogna entrare in rapporto con loro. Come ha fatto lui con l’ochetta Martina.
Gli animali sono sempre stati una metafora dell’uomo e dei suoi caratteri, specie nelle fiabe. Certo. Tant’è vero che Esopo mi ha sempre dato fastidio. Proviamo a raccontare come sono loro, senza farli assomigliare per forza a noi. Purtroppo l’etologia è una scienza ancora molto nuova.
Lei è stata tutto: attrice, giornalista, modella, regista, produttrice: c’è un ruolo che le piace di più? O, viceversa, cosa le manca ancora? In realtà tutto quello che ho fatto si somiglia, nel senso che nell’arte si vive di collaborazioni. Non si realizza niente da soli. In ogni caso, il comune denominatore delle tante attività della mia vita è quello di raccontare. A questo punto della mia vita, vorrei essere una regista di etologia.
Invece? Stanno uscendo tre film nei quali ho un ruolo:
Conclave di Andrew Burgess,
Chimere di Alice Rohrwacher e ho una piccola parte in un film del comico Julio Torres.
A proposito, che pensa dell’intelligenza artificiale? Voi attori americani avete scioperato per mesi… E abbiamo fatto bene. Sono contenta di quello sciopero perché ci siamo opposti alla creazione di nostri
avatar da parte delle case cinematografiche che avrebbero fatto recitareloro e non noi. Se vuoi usare la nostra immagine per creare dei personaggi legati a noi ma slegati dalla realtà, beh, almeno ci chiedi il permesso. Mi pare una discussione perfino surreale.
Ma lei che rapporto ha con la tecnologia? Non la osteggio mica, anche se uso poco il computer, giusto per mandare le mail.
Perché la scienza fa fatica a essere capita e creduta? Perché ha creato un suo linguaggio, come quello dei medici e degli avvocati che è rivolto solo agli addetti ai lavori. Una specie di gergo quasi sempre incomprensibile.
E per superarla che consigli dà? Posso solo dire che nel mio caso mi ha aiutato la passione per gli animali.
Lei è figlia di due monumenti del cinema. Qual è il film che preferisce di sua mamma? Tanti. Notorius, Sinfonia d’autunno di Ingmar Bergman e poi Stromboli… Cosa vuole, magari noi per motivi di affetto siamo più legati a film che non hanno avuto grande successo, come Stromboli che ha segnato l’inizio della nostra famiglia.
E del papà cosa le piace di più? Il periodo neorealistico, naturalmente, è importante. Germania anno zero mi commuove molto. Pensare al fatto che è andato a Berlino appena dopo la guerra quando tutti condannavano i nazisti e lui con quel film ha cercato di riconciliarsi con quella nazione non può che colpire.
Altri film? Francesco giullare di Dio, ma l’ha scritto Federico Fellini e ha dato alla storia del santo una caratterizzazione particolare. Papà comunque era una persona spiritosissima.
Ha un regista che le piace di più? Le sue domande sembrano un po’ le olimpiadi: chi è il primo? (Sorride). Ma rispondo. Per esempio Agnes Varda, perché firma film semplici e molto femminili. Vede il mondo da un punto di vista differente, come Greta Gerwig regista di Barbie. E poi pensi a Sofia Coppola che ha raccontato Elis Presley dal punto di vista della moglie.
Lei in che lingua pensa? Adesso interpreto lo spettacolo in italiano, quindi in francese e poi in Spagna, ma parlerò in inglese. Quando si usa una lingua, automaticamente si pensa in quel modo è un blocco unico. Non mi succede con lo spagnolo, però. Antonio Di Lorenzo