“Per i viandanti provenienti dal centro di Camposampiero lungo la Strada comunale Padovana (poi provinciale e infine statale), l’antico mulino della sega di Modenato collocato sulla roggia Tergolino significava che ci si stava per immettere nella contrada Canton (o Comun Canton, poi denominata Casere), passando a sinistra per il ponte della sega sul Tergolino e poi per il ponte de tola (di legno) sul Muson dei Sassi. Oltre, proseguendo lungo la stretta strada comunale di ghiaia, si arrivava al gruppo delle case-casere, ove all’inizio del 1900 fu costruito il capitello di San Paolo e, poco più tardi, furono aperte l’osteria con casolino e le scuole comunali”. Si apre così Casere. Le radici e le ali. Immagini e memorie per ripercorrere la storia della nostar località. Attorno a questo piccolo, ma vivace nucleo di case, osteria con casolino e scuole prende vita una località e, con essa, una comunità. Ed è stata proprio la gente del posto, grazie all’associazione Comitato Casere, che ha voluto ripercorrere in un libro la propria storia, le proprie radici, le antiche usanze e tradizioni. Le famiglie hanno fornito le immagini in cui stanno racchiusi i loro volti e dei loro antenati, e insieme, la propria storia. Un grande affresco di famiglie che racchiude un’identità ricostruita, con testi brevi, dettagliati e incisivi, da Dino Scantamburlo, per anni primo cittadino di Camposampiero, già docente di Lettere alle superiori di Camposampiero, nato e cresciuto proprio a Casere. Veste grafica e impaginazione sono state curate da Fabio Gallo, anche lui di Casere e rappresentante dell’omonima associazione. “Un viaggio che è partito due anni fa da un progetto ben preciso – spiegano i volontari del Comitato Casere -. In occasione del centenario della Grande Guerra abbiamo ricostruito la storia di alcuni nostri giovani concittadini caduti nel corso di quel conflitto assurdo che vide tra le sue vittime tanti soldati provenienti anche dalle nostre campagne. Da quel progetto è nata una rappresentazione teatrale e poi…la voglia di conoscere, soprattutto da parte dei giovani e non solo, da dove nasce questa nostra comunità ci ha fatti arrivare fino a queste pagine. Conoscere le proprie radici, consente poi, aldilà della retorica, di mettere le ali per progettare il futuro”. All’interno si parla delle vecchie costruzioni, dei mulini, ma anche dei mestieri di un tempo, delle vecchie colture, degli aspetti di vita familiare, dei lavori agricoli e di quelli svolti dalle donne attorno al focolare. Ma di più di raccontano le famiglie, la povertà e quella semplicità di relazioni che è il cuore del libro – e di Casere - che, ancora oggi, tessono una comunità viva e partecipe tutta racchiusa in quell’aggettivo “nostro” voluto non a caso nel titolo. E.R.
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