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Manuel, l’insegnante cavarzerano... made in Cina

cavarzere

E’ partito alla “conquista” del lontano Oriente nel 2015, con in testa il sogno di fare l’insegnante e in mano un diploma di maturità in scienze umane.

Oggi, a soli 27 anni, è un insegnante in Cina, Paese in cui questo mestiere è molto stimato, ben pagato e vi è grande richiesta, soprattutto di docenti che provengono dall’Occidente. La vicenda di Manuel Guolo, classe 1992, è una delle tante che i ragazzi italiani in cerca di maggior fortuna, al di fuori del proprio Paese, spesso raccontano e che potrebbe rientrare fra quelle che i media catalogano come storie di cervelli in fuga. Manuel, originario di Rovigo e residente nella periferia di Cavarzere, si diploma nel 2012, vorrebbe fare l’insegnante in materie umanistiche, ma il suo sogno si scontra con la dura realtà. “Avrei voluto frequentare l’università - ricorda - ma, da amante delle materie umanistiche, sapevo che sarebbe stato un investimento poco saggio da fare in Italia dov’è difficile persino per gli ingegneri trovare un’occupazione”. La sua analisi oculata e spietata dell’orizzonte occupazionale nel Bel Paese lo spinge a sfruttare quel gran colpo di fortuna che gli è inaspettatamente capitato: lavorare come operaio in una ditta poco distante da casa, specializzata nel settore alimentare. Nonostante non sia proprio il suo campo, Manuel vi lavora per ben 2 anni e mezzo e fa anche carriera, diventando caporeparto. Eppure quello non era il suo sogno. E così un giorno, dopo esserci stato da turista, Manuel decide di mollare tutto e partire per Shanghai. Nella valigia un bagaglio scarno, fatto di poche certezze e molti sogni. Si iscrive alla facoltà di Lingua Cinese, con Manuel Guolo nel giorno della laurea specializzazione in business, alla Donghua University e nel 2018, con sei mesi di anticipo, si laurea con il massimo dei voti. Immediatamente viene assunto come insegnante, la paga è ottima e la stima ancora di più. Certo non è stato facile centrare il traguardo. “All’inizio devo dire - racconta - che l’impatto è stato grande, d’altronde che altro potrebbe essere per un ragazzo di una frazione sperduta di 1000 anime del basso Veneto che si ritrova catapultato in una metropoli di 30 milioni di anime?” “D’altra parte - prosegue - la Cina è un Paese che in 30 anni è passato dalla collettivizzazione a Huawei, con tutti i ritardi e le contraddizioni del caso. Nonostante ciò la Cina non è più il Paese dei calzini a 20 centesimi, è il Paese dove le consegne si fanno con i droni, dove tutto è automatizzato, digitale e il contante quasi non esiste più. I cinesi poi sono tipi pratici. Poche chiacchiere, diretti, aperti al nuovo, talvolta anche troppo, rispettosi, altruisti e molto meno chiusi di quel che si usa pensare in Italia e anche loro come noi grandi maestri dell’arte dell’arrangiarsi. Infatti mi sono dovuto ricredere su molti dei luoghi comuni che avevo su questo grande popolo”. Oggi Manuel si sente realizzato sul piano personale e professionale anche se non nasconde di aver pagato un prezzo alto, il sacrificio delle proprie radici. “La Cina - conclude - non è un posto per tutti. Infatti pochi scelgono di rimanerci a lungo, proprio per le differenze di tipo sociale e di stile di vita di questo posto, dove le opportunità scorrono a fiumi ma il caffè al bar non esiste. Per essere brevi, non ci si deve chiedere se la Cina fa per noi, ma quanto siamo noi disposti a sacrificare la nostra italianità per entrare nel mondo del lontano oriente”. Ornella Jovane
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