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Territorio
17.12.2025 - 08:43
Il maestro Feliciano Cavallin
Sono 4 le piante resilienti sperimentate: Atriplex, Beta Marittima, Salsola oppositifolia e Suaeda Marittima
I campioni di biomassa delle quattro specie coltivate nelle aree di Gesia di Cavarzere e Zennare a Chioggia, resilienti a caldo e salinizzazione sono stati inviati all'Università "Luigi Vanvitelli" di Caserta. Ora si attendono i risultati che potrebbero confermare la loro idoneità a popolare il paesaggio futuro, condizionato dal riscaldamento climatico e dalla salinizzazione dei suoli. Insomma si punta a capire se nei terreni di Cavarzere queste colture saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici e migliorare i terreni stessi. Ma facciamo il punto. Il progetto internazionale Venus è entrato in una fase decisiva dopo due anni di sperimentazione sul campo. Lo scorso ottobre, campioni di biomassa di quattro specie di piante resilienti: Atriplex, Beta Marittima, Salsola oppositifolia e Suaeda Maritima sono stati inviati al dipartimento di scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche dell’Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli" di Caserta. Questo invio rappresenta il culmine della fase agronomica condotta dal Consorzio di bonifica Adige Euganeo in due siti sperimentali chiave: 4.000 metri quadrati presso l’impianto Gesia a Cavarzere e 8.000 metri quadrati presso l’impianto Zennare a Chioggia. Questa iniziativa si inserisce nel più ampio contesto del Progetto Venus, un'operazione internazionale da oltre 4 milioni di euro finanziata dal programma Prima di Horizon 2020. Di cosa si tratta nel dettaglio? Il progetto è nato per affrontare l'acuirsi di problematiche ambientali nelle aree depresse del Veneziano, dove il terreno giace significativamente sotto il livello del mare e la minaccia della salinizzazione è sempre più pressante. L'obiettivo ambizioso è dimostrare la fattibilità ambientale ed economica di specie vegetali neglette e sottoutilizzate (Nus), che rappresentano una risposta locale. Il Consorzio sta conducendo una sperimentazione cruciale per comprendere come queste specie possano adattarsi agli effetti del cambiamento climatico e della crescente salinità dei suoli. Le Nus, infatti, richiedendo un basso apporto idrico e adattandosi a condizioni estreme, sono capaci di trasformare terreni marginali in aree produttive e di migliorare la qualità del suolo. I risultati in campo sono stati finora incoraggianti: tutte le specie testate dal Consorzio in terreni limosi e salsi, hanno dimostrato intrinseca resilienza. L'unica eccezione è stata la Salicornia, che ha mostrato di necessitare probabilmente di una maggiore concentrazione salina nei suoli. Tuttavia, la “prova decisiva” è ora attesa dal Laboratorio dell'Università Vanvitelli, dove i campioni saranno sottoposti a rigorose analisi al carbonio. I dati raccolti stabiliranno la “water use efficiency” delle quattro essenze inviate, cioè l’efficienza con cui la pianta utilizza l’acqua per fissare il carbonio durante la fotosintesi, in pratica ci aiuta a capire quanto bene la pianta riesce a mantenere la produttività riducendo le perdite d’acqua. Sarà quindi un parametro determinante per stabilire se le piante hanno trovato un habitat idoneo e se sono in grado di svolgere pienamente il ruolo ecologico di adattamento e riqualificazione per il quale sono state sperimentate. Alessandro Abbadir
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