Un premio Nobel che riconosce il lavoro di squadra di centinaia di ricercatori in tutto il mondo grazie ai quali ha avuto successo la collaborazione internazionale che ha permesso di intercettare le onde gravitazionali. Ma è sopratutto grazie all’impegno di scienziati appassionati come il padovano Marco Drago, di Bagnoli, che la scoperta si è concretizzata. In tanto da Padova a Bagnoli hanno giustamente esultato, il 3 ottobre scorso, alla notizia del riconoscimento del Nobel ai tre scienziati americani Barry Barish, Kip Thorne e Raines Wiss (le regole del premio svedese impongono non più di tre premiati) per la conferma delle onde gravitazionali ipotizzate dalla celeberrima teoria della relatività di Einstein nel 1915 ma per un secolo mai captate. Invece due anni fa, era il 15 settembre 1915, i primi a “vedere” le onde gravitazionali sprigionate dalla fusione di due enormi buchi neri, furono due padovani, Gabriele Vedovato dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare a Legnaro e Marco Drago, trentacinquenne ricercatore ad Hannover, dopo gli studi tra Padova e Trento. E’ a loro che si deve il programma di analisi della mole di dati che giungeva dalla complessa strumentazione del gruppo di ricerca Ligo - Virgo, al quale hanno lavorato oltre duemila persone. La scoperta del secolo arriva, dopo un secolo di attesa, grazie al lavoro di squadra e al “sigillo” della primogenitura impresso dai due studiosi padovani. L’entusiasmo è alle stelle a Bagnoli, paese natale di Marco Drago, ricercatore da Nobel che in questi anni ha lavorato più oltre confine che in Italia. Ora in tanti si augurano che il suo impegno e determinazione siano valorizzati come si deve. Nicola Stievano
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