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Su Alex Marangon

Tra silenzi e smentite continuano le indagini della Procura di Treviso

Il procuratore Marco Martani ha risposto alle speculazioni mediatiche degli ultimi giorni: stabilire la durata dell'aggressione è impossibile

La Procura della Repubblica di Treviso, sotto la guida di Marco Martani, mantiene il massimo riserbo sull'indagine in corso riguardante la tragica morte di Alex Marangon. Martani ha sottolineato che le indagini "attraversano una fase particolarmente delicata" e ha voluto chiarire due punti cruciali in risposta a recenti speculazioni mediatiche.

Contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa, non è possibile determinare con precisione la durata dell'aggressione a Marangon. "Nessun medico legale potrebbe fissare questi elementi," ha precisato Martani. Quello che è stato accertato, invece, è che Alex Marangon era ancora in vita, seppur in condizioni critiche, quando è finito nelle acque del fiume Piave.

L'autopsia ha rilevato diverse lesioni sul corpo del giovane, tra cui una grave ferita alla testa con frattura del cranio tra la nuca e l'orecchio, considerata la più seria tra quelle riscontrate. Intanto, le indagini proseguono con la raccolta delle testimonianze di circa venti persone presenti quella notte durante un rituale di guarigione “con la forza della foresta”, caratterizzato da musica e l'uso di erbe. Gli organizzatori dell'evento, che si è svolto nell'abbazia di Santa Bona, hanno smentito l'uso di ayahuasca, una sostanza psicotropa vietata in Italia. Tuttavia, gli inquirenti stanno attentamente esaminando le testimonianze per verificare i dettagli delle ore cruciali tra le 3:00 e l'allarme lanciato al 112, avvenuto solo tre ore più tardi.

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