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Violenza di genere

Processo Cecchettin: Giulia un simbolo contro la crudeltà

Gli avvocati in aula: "Uccisa per motivi futili e abbietti". La famiglia si affida alla Corte per un verdetto giusto

Turetta processo

Filippo Turetta in aula. Foto dai canali social del Governatore Luca Zaia

Giulia deve diventare un simbolo, dentro e fuori dall’aula di giustizia. È questo il messaggio forte e unanime emerso oggi in Corte d’Assise a Venezia, dove si sta svolgendo il processo a Filippo Turetta, oggi accusato di averla uccisa con ferocia per motivi futili e abbietti. Gli avvocati della parte civile hanno tracciato un quadro doloroso, fatto di atti efferati e di una lucidità premeditata, richiamando l’attenzione sulla crudeltà del delitto e sull'importanza di una risposta esemplare.

Stefano Tigani, legale del padre di Giulia, Gino Cecchettin, ha sottolineato l'inimmaginabile terrore che deve aver vissuto la ragazza, sottolineando come "nessuno possa comprendere appieno il calvario di Giulia, vittima di una lucida follia". Tigani ha definito irrilevante il memoriale presentato da Turetta, che ha descritto come "qualche lacrimuccia" per difendersi dall'accusa. Ha poi ricordato i brutali dettagli di quella notte insanguinata: "la maledetta settimana omicida con la lista delle 'cose da fare' e le 75 coltellate inferte senza pietà".

Nicodemo Gentile, rappresentante della sorella di Giulia, Elena, ha voluto sottolineare l’atteggiamento dignitoso e rispettoso tenuto dalla famiglia Cecchettin nei confronti dei Turetta: "Non hanno mai usato parole contro Filippo, si affidano alla Corte perché venga fatta giustizia".

Antonio Cozza, legale della nonna Carla Gatto, ha più volte ripetuto: "Leggete l’autopsia", evidenziando come la perdita di una nipote in tali circostanze sia "contro natura". L’avvocato Pietro Coluccio, che tutela il fratello Davide e lo zio Alessio, ha invece puntato l’attenzione sulla fragilità di Giulia, segnata dalla morte della madre e resa vulnerabile dalle pressioni di Turetta, come suggeriscono le testimonianze sui social.

Le parti civili hanno richiesto complessivamente un risarcimento di 2.150.000 euro.

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